Non la memoria traballante ma questa spia potrebbe annunciare l’Alzheimer già con 20 anni di anticipo

Alzheimer

Specialmente superata una certa età, sarebbe opportuno far diventare il controllo medico una sana abitudine da portare avanti nel tempo. Questo infatti, non solo serve a monitorare i livelli di salute attuale, ma anche a prevenire e scongiurare malattie future. Infatti, nel corso dell’articolo parleremo degli studi che stanno lavorando per individuare biomarcatori di malattie considerate finora non prevedibili. Nello specifico, ci addentreremo nella lotta contro patologie degenerative, come Alzheimer e demenza, attraverso specifiche analisi utili per una diagnosi precoce. Il centro di ricerca contro l’Alzheimer di Perth, Australia, rivela che una particolare proteina potrebbe essere sintomatica del sopraggiungere dell’Alzheimer. Infatti, non la memoria traballante ma questa spia potrebbe annunciare l’Alzheimer già con 20 anni di anticipo.

Perché la prevenzione?

Stime del Ministero della Salute prevedono una crescita di addirittura tre volte del numero di patologie neurodegenerative nei prossimi trent’anni, insieme alla crescente età media.

Infatti, sempre secondo le stime, è prevista una proporzione di 280 anziani ogni 100 giovani nel 2051, con conseguente aumento delle patologie legate all’età. Tuttavia, è sempre importante il controllo perché già dopo i 45 anni attenzione a questa condizione che spalanca le porte a demenza e Alzheimer.

Non la memoria traballante ma questa spia potrebbe annunciare l’Alzheimer già con 20 anni di anticipo

Lo studio valuta se da semplici analisi del sangue sia possibile intercettare i segnali di certi disturbi. La ricerca ha coinvolto 100 soggetti diversi che non presentavano sintomi di Alzheimer e ne sono stati valutati i livelli della proteina Gfap. La proteina fibrillare acida della glia (Gfap) è, per natura, presente nel cervello ma ne appaiono tracce nel sangue quando questo viene interessato dall’Alzheimer. La presenza della Gfap coincide con l’aumento della beta amiloide, la sostanza di cui sono fatte le placche senili che, depositate sul cervello, lo uccidono. Dallo studio è emerso che l’aumento di Gfap nel plasma corrisponde all’incremento di beta amiloide nel cervello già con 20-30 anni di anticipo. Questo, darebbe la possibilità di attuare terapie di cura e prevenzione diversi decenni prima. Una scoperta che porterebbe, inoltre, a sostituire controlli invasivi e spiacevoli come punture lombari.

Visione d’insieme

Tuttavia, riporta la Fondazione Veronesi, sebbene ci troviamo difronte al marcatore precoce migliore per l’Alzheimer, è necessario attendere ed approfondire la ricerca. Terapie sulla beta amiloide già in passato non hanno dato i risultati sperati. In aggiunta, però, nulla esclude che una cura in fase preclinica molto avanzata abbia effetti significativi.

Approfondimento

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