Politica in cerca di coperture per la legge finanziaria. Perchè la coperta è sempre troppo corta?

Banca d'Italia-Foto da imagoeconomica

Ormai stanno per passare le vacanze estive anche per la politica nostrana. Appuntamento obbligato quello della legge finanziaria, per la quale si stanno cercando le necessarie risorse. A tale riguardo il ministro Giorgetti è stato chiaro. Non ci sono risorse per tutto e si dovranno fare scelte dolorose. Molti sono convinti che l’Italia abbia una spesa pubblica eccessiva, ma la crescita incontrollata del debito pubblico ha una origine ben precisa, che affonda le radici nel tempo. E che non riguarda l’ipotesi di spendere troppo. 

A quando risale tale crescita,  perché furono adottate alcune scelte e cosa si risolverebbe con un ritorno al passato? Politica in cerca di coperture?

Una coperta troppo corta

Come ha osservato il Ministro Giorgetti, più  investimenti nella sanità, accise, taglio permanente del cuneo fiscale, aiuti per le bollette, e chi  più ne ha, più ne metta.

Non ci saranno coperture per tutto quello che si vorrebbe fare.

Il problema principale è quello di preservare alcuni parametri di bilancio.

Ma questi parametri potrebbero essere osservati, sopratutto in vista della ripresa del Patto di stabilità, se si ritornasse ad un precedente regime, in cui non sussisteva autonomia tra Banca d’Italia e Tesoro.

Pur trovando le risorse per tutte queste spese ed altre ancora. Politica in cerca di coperture per la legge finanziaria?

Il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro

Una netta modifica rispetto al passato fu attuata nel 1981. Prima di allora, la Banca d’Italia svolgeva le proprie funzioni in stretto collegamento con il Tesoro. Secondo diversi economisti, tra cui l’allora Ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, questa situazione aveva contribuito a una accelerazione di fenomeni, come l’inflazione. Di qui l’idea, ben prima dell’istituzione delle regole finanziarie imposte dall’UE, di separare la Banca d’Italia dal Tesoro. La funzione principale doveva essere correlata anche ad un controllo della pressione inflazionistica e, quindi, anche la politica monetaria doveva assurgere a tale funzione, senza subire condizionamenti governativi per coprire la spesa pubblica.

Prima di questo evento, su richiesta del Tesoro, la Banca d’Italia acquistava il cosiddetto inoptato, ossia il quantitativo di titoli di Stato, non acquistato dal mercato. E lo acquistava a tassi ridotti, rispetto a quelli di mercato.

Tale meccanismo aveva consentito, sino allora, un contenimento del debito pubblico.

Debito che, invece, dopo di allora iniziò una significativa crescita. E nonostante avanzi di bilancio primari. Evidentemente, come paventato da taluni economisti, il cosiddetto divorzio causò una inevitabile spirale di tassi in crescita, legata alla necessità di piazzare l’intero debito pubblico sul mercato ed ai tassi di mercato.

Ma di qui, evidentemente, non poche difficoltà nel reperire risorse per le leggi di bilancio, che devono tener conto del debito pregresso e dei tassi di mercato con cui finanziarie il debito.

Non potendo avvalersi di una banca centrale che acquisti a tassi ribassati.

Ritorno al passato?

Ovviamente si sono susseguite, nel tempo, anche ipotesi di ritorno al passato. In particolare all’ipotesi di una possibilità di acquisto di titoli a tassi ribassati.

Le obiezioni principali a una tale soluzione sono due. Incompatibilità con le regole europee e dinamiche inflazionistiche.

In realtà, a ben vedere, si tratta in sostanza della stessa obiezione. In quanto l’UE detta certe regole soprattutto in funzione antinflazionistica.

Certo, anche i sostenitori del divorzio avevano evidenziato la necessità di conti in ordine, per poter far funzionare il divorzio. Ben sapendo che, diversamente, si sarebbero potuti creare anche problemi di sostenibilità del debito.

Non a caso, economisti come Paolo Savona, all’epoca fautori del divorzio, con il tempo hanno ampiamente cambiato opinione.

Politica in cerca di coperture? Un’ipotesi potrebbe essere quella della cosiddetta metà strada.

Invece di scegliere tra divorzio e subordinazione, una Banca centrale, anche centralizzata a livello europeo, come la BCE, potrebbe entro certi limiti, dinamici, e collegati anche al controllo di parametri inflazionistici, acquistare titoli di Stato a tassi ridotti rispetto a quelli di mercato, anche direttamente emessi dallo Stato, non quindi solo sul secondario, e con funzione di finanziamento.

Potrebbe rappresentare una soluzione per cercare una copertura ad esigenze di bilancio, altrimenti difficilmente rinvenibili.

Un conto è stabilire che una Banca centrale debba totalmente finanziare le richieste dell’esecutivo a tassi preferenziali. Altro conto è che una banca centrale lo faccia entro certi limiti quantitativi, oggetto di una rivisitazione dei parametri di bilancio dell’eurozona.

Politica in cerca di coperture per la legge finanziaria. Perchè la coperta è sempre troppo corta? Conclusioni

Ci stiamo avvicinando a importanti appuntamenti della finanza italiana ed europea.

Per un verso l’esecutivo alle prese con una difficile legge finanziaria.

Per altro verso, all’orizzonte si prospetta un ritorno alle regole di stabilità europee.

Potrebbe essere il caso di rivisitare quello che ha dimostrato di non funzionare, sopratutto in termini di bilanci troppo rigidi da seguire.

Non un ritorno tout court al passato, in particolare al periodo ante divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro.

Ma una ridefinizione di parametri di bilancio che, entro limiti quantitativi, consentano di ripristinare il meccanismo di acquisti di titoli di Stato a tassi preferenziali. Diversamente, si corre il rischio di rendere procicliche le decisioni di politica monetaria della BCE, peraltro in modo palesemente contraddittorio anche con gli obiettivi di strumenti come il PNRR.

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