Quando un lavoratore è costretto alla pensione e cosa fare per restare al lavoro

pensione

Parlare di lavoratori che sono costretti ad andare in pensione può sembrare un eufemismo visto che oggi molti di loro vorrebbero andare in pensione ma non possono. Eppure in Italia ci sono normative che prevedono proprio il pensionamento d’ufficio dei lavoratori. DI fatto, un lavoratore nel momento che raggiunge una determinata età viene pensionato non per sua scelta, ma dall’alto. È il caso di una parte del personale della pubblica amministrazione che al raggiungimento dell’età pensionabile vigente (oggi 67 anni), viene collocato a riposo d’ufficio.

Il pensionamento d’ufficio nella Pubblica Amministrazione e come funziona

Così come esiste nel lavoro alle dipendenze dello Stato o di altri enti pubblici, l’istituto del pensionamento d’ufficio, così esiste l’istituto del trattenimento in servizio. In pratica con il primo, il lavoratore deve lasciare il lavoro e andare in pensione per decisione presa dal suo ente. Con il secondo invece, il lavoratore può chiedere di restare al lavoro anche oltre l’età pensionabile vigente. A dire il vero il trattenimento in servizio ormai è praticamente in disuso. Infatti paletti e vincoli per poterlo utilizzare risultano pesantemente inaspriti negli ultimi anni con le riforme delle PA.

Quando un lavoratore è costretto alla pensione direttamente dal datore di lavoro

La regola generale dice che tutti i lavoratori pubblici nel momento in cui maturano l’età canonica per la pensione di vecchiaia vigente in quel determinato momento, sono collocati a riposo. In pratica questo è quando un lavoratore è costretto alla pensione senza che ci sia alcuna possibilità per lui di chiedere di restare a lavorare. Non esistono domande, istanza o richieste che se prodotte dal lavoratore, possono derogare a questo pensionamento obbligatorio. Questo vale per i lavoratori del comparto scuola, i dipendenti dei Ministeri, quelli degli enti locali e così via dicendo.

SI può restare in servizio fino a 71 anni, ma solo a determinate condizioni

In alcuni casi però il lavoratore può ancora sfruttare il trattenimento in servizio. Al compimento dei 67 anni di età se il lavoratore non ha ancora maturato la contribuzione minima richiesta per la pensione di vecchiaia, cioè 20 anni, potrà restare al lavoro cercando di completare gli anni mancanti. Una facoltà che può arrivare fino ai 71 anni di età, che è il limite massimo del trattenimento in servizio.

Il lavoratore deve produrre richiesta di trattenimento in servizio a 67 anni di età, ma a condizione che entro i 71 anni di età completi i 20 anni di contributi richiesti. Un altro motivo che può determinare la permanenza in servizio di un lavoratore oltre i 67 anni è il mancato raggiungimento della pensione minima utile per i contributivi puri. Per loro oltre a 67 anni di età e 20 anni di contributi versati, occorre un assegno liquidato in misura pari a 1,5 volte l’assegno sociale (nel 2022 significa 702 euro circa di pensione al mese). Chi non ha versamenti prima del 1996 e non riesce ad ottenere una pensione da 702 euro a 67 anni con 20 di contributi, può restare in servizio fino a 71 anni di età.

Lettura consigliata

In pensione con 30 anni di contributi nel 2023 ma a 67 anni

Consigliati per te