Non fare queste 3 cose su WhatsApp, se non vuoi rischiare di finire in prigione

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Non fare queste 3 cose su WhatsApp, se non vuoi rischiare di finire in prigione. Sono in molti a fare un uso improprio dei social network, spesso perché inconsapevoli delle ripercussioni legali che l’attività on-line può portare. Talvolta, ciò è semplice frutto di noncuranza. E ancora più spesso ci si dimentica del fatto che, anche se si tende a credere il contrario, l’anonimato su internet è nella maggior parte dei casi solo apparente. Non è raro che anche e soprattutto giovani e giovanissimi siano coinvolti della creazione di gruppi nei quali viene condiviso materiale fotografico la cui sola detenzione costituisce reato. E la responsabilità ricade sugli amministratori dei gruppi WhatsApp e, talvolta, sui suoi partecipanti. Questo, però, è solo uno dei numerosi casi possibili. Ne analizzeremo tre in tutto.

Non fare queste 3 cose su WhatsApp, se non vuoi rischiare di finire in prigione

Condividere foto intime di terzi non consenzienti

La condivisione di foto e video intime di terzi è una piaga sempre più diffusa. La pratica, chiaramente, è illegale. In caso di detenzione di ingente materiale fotografico o video rappresentante minori in atti osceni, si prende come normativa di riferimento l’art.600 quater c.p., che contempla l’arresto facoltativo. Ad essere penalmente rilevante è anche la diffusione di immagini o video intimi di terzi non consenzienti.

Creare un account WhatsApp spacciandosi per qualcun altro

Un altro fenomeno molto diffuso sui social network è la creazione di un account a nome di terzi. Ciò viene talvolta fatto con intenti anche non malevoli, ma spesso l’obiettivo del responsabile è quello di aggredire l’identità della vittima rimanendo anonimo. Il reato è quello di sostituzione di persona, disciplinato dall’art.494 c.p., che prevede come pena la reclusione fino ad un lasso di tempo di un anno, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica.

Condividere messaggi di odio contro religioni o gruppi etnici

Senza vagliare le numerose motivazioni per cui i messaggi di odio contro religioni o gruppi etnici debbano essere in ogni caso evitati, che costituiscano o meno reato, è bene sapere che il cosiddetto hate speech è quotidianamente monitorato dalla Polizia Postale. La normativa di riferimento è l’art.404 c.p. e l’art.604 bis c.p., introdotto di recente dal legislatore.

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