Le banche centrali ed i tagli fiscali: i medici contro il coronavirus

banche centrali

Il coronavirus è un nemico insidioso. Invisibile a occhio nudo, ma maledettamente reale quando attacca un essere umano, infettandolo.

Ma i mercati stanno affrontando anche un altro virus, persino più subdolo, se possibile: la sfiducia nei mezzi messi in campo, soprattutto all’inizio, per combattere il Coronavirus, e la lentezza disorganizzata dei vari governi, che procedono, tutt’oggi, in ordine sparso. Per fortuna sembra che qualcosa stia cambiando, anche in Europa, ma… c’è solo una strada per combattere il virus che si è impossessato dei mercati e dell’economia globale.

Quale?

Far scendere in campo le banche centrali e, soprattutto, le politiche fiscali a sostegno delle imprese e delle persone. La linea da intraprendere è chiara: i responsabili delle politiche fiscali e monetarie in tutto il mondo dovranno fare tutto il possibile per impedire che quella che al momento sembra un’inevitabile recessione si trasformi in una depressione, e che i mercati finanziari passino da un crollo all’altro.

Le prospettive non sembrano buonissime.

Si prevede che il mercato arrivi a perdere fino ad un 40% dai propri massimi (questa è l’opinione di Goldman Sachs).

E’ quindi più che mai necessaria una politica economica sincronizzata. Politica monetaria, politica macroprudenziale, politica fiscale, e la politica in generale, devono essere allineate per conseguire un risultato efficace e duraturo in questo momento di crisi economica e sociale.

La risposta della Federal Reserve alla crisi del coronavirus

Le banche centrali ed i tagli fiscali

Le banche centrali hanno risposto all’appello, nessuna esclusa, mettendo in campo azioni concrete. La più determinata è stata la banca centrale americana (FED). Essa è entrata in azione il 15 marzo 2020 onde salvare l’economia degli Stati Uniti, tagliando il suo tasso di interesse portandolo a quasi zero (0-0,25%). Si tratta del livello più basso dal 2008; al contempo, ha lanciato un programma di Quantitative Easing (alleggerimento quantitativo) che prevede l’acquisto di 700 miliardi di dollari di titoli di stato e obbligazioni garantite da mutui.

La manovra della FED, a sorpresa, è stata questo secondo taglio in una sola settimana, e evidenzia la crescente paura di recessione che attanaglia i policymakers. lo stop delle imprese, secondo i calcoli del della FED, potrebbe portare a una crescita debole del secondo trimestre 2020, e non c’è (ancora) visibilità sulla fine del contagio. L’appello di Powell è che accanto alla politica monetaria ora si muova la politica fiscale, che ha tempi più lenti. Nel frattempo, la Fed continuerà a utilizzare i propri strumenti per supportare l’economia.

Le decisioni delle istituzioni monetarie

La Banca del Giappone (BOJ) ha immesso sul mercato fino a 2.200 miliardi di yen (circa 20,7 miliardi di dollari) con tre diverse operazioni venerdì 13 marzo. Ha promesso di fare ulteriori azioni per stabilizzare il mercato. Tra queste potrebbero arrivare acquisti per oltre 6.000 miliardi di yen (circa 58 miliardi di dollari) di ETF indicizzati al mercato giapponese, per sostenere il Topix.

La Banca centrale europea (BCE) si è mossa il 12 marzo 2020, e ha adottato un approccio meno incisivo degli altri. Ha ampliato il programma di Quantitative easing (QE), con un piano di acquisti aggiuntivi di 120 miliardi di euro fino alla fine dell’anno. Però  ha lasciato i tassi invariati (sui depositi a -0,50%, il principale a zero e sui prestiti marginali a 0,25%), promettendo condizioni molto più favorevoli ai maxi-prestiti alle banche Tltro-3, per aiutare le PMI.

La manovra è stata accolta malamente dal mercato europeo, con ribassi medi di oltre 15% in una sola seduta. Non è piaciuta la ormai ben nota dichiarazione della Lagarde, che ha affossato in particolar modo i BTP. La BCE è poi corsa ai ripari non escludendo un possibile taglio dei tassi di interesse in futuro, ma solo se giustificato da un inasprimento delle condizioni finanziarie, o da una minaccia al target di inflazione di medio termine.

Le banche centrali ed i tagli fiscali

La Bank of England (BOE) ha agito mercoledì 11 marzo, ed  ha portato il tasso chiave allo 0,25%. Inoltre ha introdotto un nuovo programma per fornire credito facile ed economico, onde dare alle banche ancora più spazio per garantire prestiti.

La Banca centrale cinese (Pboc) prima ha ridotto la quantità di liquidità che le banche devono accantonare come riserve (una policy usuale di Pechino), e poi, il 16 marzo 2020, ha immesso sui mercati 100 miliardi di yuan (14,28 miliardi di dollari circa) attraverso una linea di credito di medio-termine a un anno e al tasso d’interesse del 3,15%. L’obiettivo è assicurare una liquidità sufficiente sui mercati.

A livello globale, le altre le banche centrali si sono mosse a sostegno dell’economia dei propri Paesi con diverse manovre.  Chi tagliando i tassi, chi iniettando miliardi di liquidità sui mercati o acquistando titoli di Stato, chi sostenendo la propria moneta.

Basterà tutto questo? A cosa porteranno le azioni delle banche centrali ed i tagli fiscali?

Per contrastare il rischio recessione, il trend delle banche centrali è chiaro: tagliare i tassi, stampare moneta quando serve, e potenziare i piani di Quantitative Easing. Ma non basta. Moltissimi economisti stanno chiedendo a gran voce la discesa in campo di politiche fiscali incisive a sostegno dell’economia. Denaro immesso direttamente nelle tasche dei cittadini, attraverso robusti sgravi fiscali alle aziende, quasi paralizzate dalle condizioni in cui devono lavorare gli operai e i dipendenti, con i quali le medesime possano assumere e far ripartire la produzione. Ma anche, e soprattutto, denaro dato direttamente ai cittadini. Ancora una volta, l’America si è mossa per prima, come succede spesso. Una manovra, proprio stanotte, di 1 trilione di dollari, che mira a staccare assegni da dare direttamente alle persone. A quanto pare l’helicopter money invocato da tanti, da molti, si sta (finalmente) mettendo in funzione.

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