Quali rumori molesti fanno rischiare il procedimento penale?

rumori

L’argomento degli schiamazzi, pubblici od in condominio, è sempre attuale. Ma esattamente quali rumori molesti fanno rischiare il procedimento penale? Lo si scopre leggendo la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2258 del 2021. Gli Esperti di Proiezionidiborsa hanno già illustrato il concetto di superamento della normale tollerabilità. Il concetto è disciplinato dal codice civile. Se i rumori superano la soglia di tollerabilità si può ricorrere al Tribunale civile per ottenere tutela e risarcimento del danno. Ma non sempre i rumori molesti consentono di avviare un procedimento penale. Questo accade solo quando i rumori, oltre a superare la soglia di tollerabilità, violano anche la quiete pubblica. In quest’ultimo caso è possibile la tutela in sede penale. Infatti il disturbo della quiete pubblica è un vero e proprio reato. In questo senso la citata sentenza di Cassazione offre vere e proprie linee guida.

La sentenza è applicabile a tutti i casi di disturbo della quiete pubblica e non solo in ambito condominiale.

Cosa prevede il codice penale

Quali rumori molesti fanno rischiare il procedimento penale? Il codice penale disciplina il caso all’art. 659. Nella norma si parla di disturbo del riposo delle persone o delle loro attività quotidiane. Le attività che danno luogo a reato sono le seguenti. Fare schiamazzi o rumori, non impedire strepiti di animali o addirittura provocarli.

Il numero delle persone disturbate

Per rischiare il procedimento penale è necessario che il disturbo sia arrecato ad una pluralità di persone. Il codice penale infatti punisce il disturbo della quiete pubblica. Non il disturbo della quiete di un singolo. Se il fastidio è subito da un unico individuo sarà possibile la tutela in sede civile, ma non il procedimento penale.

I rumori dei locali pubblici

Forse anche i rumori provenienti da locali pubblici fanno rischiare il procedimento penale?

In effetti la recente sentenza di Cassazione ha assolto il gestore di una discoteca. Il motivo dell’assoluzione fa proprio capire l’importanza del numero delle persone che hanno subito il disagio. In quel caso la denuncia era partita da una sola famiglia di due persone. La Cassazione ha ritenuto che non fosse sufficiente per integrare il reato di disturbo della quiete pubblica.

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