Oltre gli indicatori della FED, ecco come prevedere periodi di recessione in modo più accurato

Come prevedere periodi di recessione in modo più accurato-proiezionidiborsa.it

Utilizzando determinati indicatori, è possibile prevedere in modo accurato, ed anticipato, periodi di recessione? A tale riguardo, che ruolo riveste la curva dei rendimenti, e come migliorarne attendibilità e precisione statistica? Oltre gli indicatori della FED, andremo a vedere come prevedere periodi di recessione.

Indicazioni e limiti della curva dei rendimenti

Come noto, la curva dei rendimenti dei titoli di Stato di un Paese è spesso considerata un buon indicatore delle fasi cicliche dell’economia. Non entriamo in dettagliate spiegazioni tecniche, ma ci limitiamo a dire che la sua conformazione è crescente in fasi di crescita economica e inizia ad invertirsi al ribasso, quando si proiettano fasi stagnanti o recessive. Anche ultimamente, ha dato buona prova di sé, ad esempio, per la Germania, entrata ufficialmente in recessione.

Tuttavia, l’esperienza storica dimostra, che la curva non sempre si è rivelata attendibile, e per questo motivo si è pensato ad alcuni suoi utilizzi particolari.

Un miglioramento tramite lo spread

In particolare, molte analisi, a partire da quelle della FED, preferiscono considerare non tutta l’estensione della curva, ma solo quella ricompresa tra la scadenza decennale e quella biennale, considerando segnali di recessione, anticipati, quando tale spread assume valori negativi. Tuttavia, anche tale metodica non sempre si è rivelata particolarmente affidabile, ed anche il lasso temporale intercorso tra segnale e recessione è variato nel tempo.

Ma lo spread tra queste scadenze può essere ulteriormente migliorato, ponendolo in rapporto con un particolare indice azionario.

Oltre gli indicatori della FED, eccone uno nuovo

In tal senso, dobbiamo considerare che non è solo la dinamica dei tassi d’interesse ad assumere una diversa configurazione, nelle diverse fasi cicliche dell’economia. Un indice azionario particolarmente sensibile ai cicli economici è quello dei cosiddetti beni discrezionali.

Si tratta di quei beni, che tendono ad essere acquistati in fase di crescita economica, e viceversa ad essere venduti in fasi recessive. Proprio perché beni non essenziali, sono quindi tra i primi a risentire delle maggiori o minori disponibilità di denaro nelle diverse fasi.

Risulta quindi evidente la possibilità di correlare lo spread tra 10 e 2 anni a questo indice. Ponendo al numeratore lo spread tra 10 e 2 anni, ed al denominatore il valore dell’indice dei beni discrezionali. Questo indice non è presente in tutte le Borse, ma esiste per gli Stati Uniti, con la sigla XLY. Basta comunque considerare anche solo il valore assunto dal relativo ETF.

La logica dell’indicatore è evidente: uno spread negativo viene come filtrato dall’indice dei beni discrezionali, consentendo di fornire indicazioni più attendibili e maggiormente reattive alla situazione economica. Evitando al comtempo eccessive anticipazioni rispetto ai fenomeni economici.

L’indicazione recessiva scatta quando si hanno valori prossimi allo zero o negativi.

Esempi applicativi

Ad inizio 2020 lo spread tra 10 e 2 anni si assestava ancora su valori positivi, anche se ravvicinati. Ad esempio in data 27 gennaio 2020 lo spread era di 0,17. Quel giorno l’indice XLY (ETF) chiudeva a 124,07. Quindi: 0,17/124,07=0,001, praticamente prossimo allo zero, dando quindi segnale recessivo. Successivamente la curva dei rendimenti ha conosciuto un’inversione sulle scadenze più brevi e rendimenti livellati tra la scadenze più brevi e quella decennale, ma senza che mai intervenisse un’inversione dello spread tra 10 e 2 anni. Pertanto, stando a tale indicatore, comunemente usato dalla FED, un vero e proprio segnale recessivo non sarebbe intervenuto.

Circostanza che fece ritenere a molti che la curva non fosse affidabile. Il segnale, come abbiamo detto, interveniva invece sul nuovo indicatore. Poi il prosieguo degli avvenimenti ha evidenziato come di lì a qualche mese l’economia USA avesse subito uno dei maggiori cali del PIL nella sua storia. Unitamente ad un ribasso impetuoso dell’indice azionario. Ad esempio lo S&P 500 perse oltre il 30% in poco più di 30 giorni.

Parimenti, abbiamo assistito ad una contrazione del PIL USA nel periodo aprile-giugno 2022, anche se tecnicamente non di durata tale da poterla considerare una recessione. Ed anche questa volta l’indicatore aveva raggiunto lo zero, prima che a tale livello arrivasse lo spread tra 10 e 2 anni. Indicando tempestivamente la prossima contrazione del PIL, ma dando anche una conferma ribassista per il comparto azionario.

Situazione attuale

L’attuale situazione è connotata da una curva dei rendimenti USA tuttora ribassista, mentre in data 26 maggio 2022, l’indicatore si attestava a -0,005. Per una ripresa bisognerebbe attendere almeno valori superiori allo zero, anche se una ripresa può essere anticipata dal comparto azionario.

Conclusioni

Il pericolo di una nuova fase di contrazione economica non è quindi ancora del tutto scampato. L’indicatore si trova tuttora su un livello negativo, come del resto anche lo spread tra 10 e 2 anni. Ulteriori cali dell’indicatore o segnali di ripresa sopra lo zero indicheranno la strada, che l’economia a stelle e strisce avrà deciso di percorrere.

Lettura consigliata

Era da un anno che non si vedeva un ribasso così prolungato dell’euro contro il dollaro

Consigliati per te