Ecco quanti soldi ha perso quest’anno chi ha tenuto fermi 50.000 euro sul conto o sul libretto

Ecco quanti soldi ha perso quest’anno chi ha tenuto fermi 50.000 euro sul conto o sul libretto-Foto da pixabay.com

A fine anno si fanno i conti dei mesi appena trascorsi e non sempre i conti tornano. Nei casi peggiori a non quadrare sono invece i saldi finali. Un esempio? Ecco quanti soldi ha perso quest’anno chi ha tenuto fermi 50.000 euro sul conto o sul libretto.

Malgrado si sia convinti che il cash sia la soluzione “più sicura” in assoluto, bisogna ricredersi. Anche i soldi liquidi corrono rischi e pericoli a seconda del modo/luogo in cui si decide di detenerli. Se in casa, pensiamo a furti, smarrimenti, “distrazioni” varie. Inoltre se l’importo è molto disallineato ai redditi dichiarati bisogna dar conto della loro lecita provenienza in caso di accertamento dell’Autorità a casa del privato.

Quanti avere cash in banca?

Per più ragioni è meglio avere i soldi depositati sugli opportuni strumenti di gestione del risparmio. Pensiamo al libretto di risparmio e al c/c, alle Poste o in banca.

Tuttavia, tranne rari casi si tratta di strumenti onerosi. I libretti sono di norma gratuiti (spese fiscali a parte), ma hanno una ridotta operatività. Le spese vive, quelle che effettivamente si pagano, sono di due ordini. Da un lato abbiamo le spese di tenuta conto, che variano in base alla natura del prodotto e all’emittente. A grandi linee i prodotti più cari sono quelli di matrice bancaria tradizionale, ossia aperti presso lo sportello fisico. Qui si possono superare anche i 100 € annui. Poi abbiamo i c/c postali e a seguire quelli online, mediamente i più economici.

La seconda spesa è di natura fiscale. Sui libretti e sul c/c aperto a persone fisiche grava l’imposta di bollo di 34,20 € se la giacenza media supera i 5mila €. L’importo dell’imposta sale invece a 100 € nel caso di conti intestati a società o associazioni.

Ecco quanti soldi ha perso quest’anno chi ha tenuto fermi 50.000 euro sul conto o sul libretto

Tuttavia, il vero dramma riguarda i “costi invisibili”, cioè le spese che non si pagano a nessuno ma che si subiscono a prescindere. Si chiama inflazione, cioè la perdita di potere d’acquisto del denaro dovuta al rialzo generalizzato del livello dei prezzi. Pertanto quello che si poteva comprare il 1° gennaio 2023 oggi non è più possibile, non perché sia divenuto indisponibile ma semplicemente più caro.

Le stime per l’anno in chiusura parlano di un’inflazione al +5,7%, meno del 2022 ma è sempre elevata. Facciamo un ipotetico esempio e immaginiamo un risparmiatore che abbia tenuto fermi 50mila € per tutto il 2023. Quanto ci ha rimesso? Quasi 3mila € tra perdita in termini di potere d’acquisto più le spese vive fisse, variabili a seconda dei casi. Insomma, non è stata proprio la migliore scelta tra tutte quelle disponibili . Insomma, non è stata proprio la migliore scelta tra tutte quelle disponibili.

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