Cosa muove i mercati finanziari?

Uno studio interessante per capire cosa muove i mercati finanziari

I prezzi degli asset, un intricato mosaico di fluttuazioni e cambiamenti, svelano una costante sfida nel tentativo di comprenderne le dinamiche. La questione cruciale emerge: cosa guida realmente questi prezzi? Sono le notizie a dettare la direzione, o sono fattori estranei ai fondamentali economici, come il sentiment del mercato, a prendere il controllo? Mentre i modelli di asset pricing conferiscono alle notizie un ruolo predominante, le applicazioni empiriche rivelano spesso un potere esplicativo ridotto di tali informazioni.

Cosa muove i mercati finanziari?

In un contesto in cui l’ipotesi di mercato efficiente sostiene che i prezzi riflettono tutte le informazioni pubblicamente disponibili, l’attenzione si concentra sul ruolo delle nuove informazioni, soprattutto riguardo agli sviluppi economici, come principale catalizzatore delle variazioni dei prezzi. Tuttavia, gli studi empirici disvelano un paradosso, con una percentuale relativamente esigua dei movimenti di mercato attribuita a tali notizie. Questo enigma suggerirebbe una sconcertante separazione tra i prezzi dei mercati finanziari e i fondamentali economici. Tuttavia, una possibile chiave di lettura di questo risultato è la sottovalutazione di notizie potenzialmente cruciali, spesso limitate alle pubblicazioni periodiche di dati macroeconomici come il PIL o gli indici dei prezzi al consumo.

Uno studio recente per capire cosa muove i mercati finanziari?

In un recente documento di discussione (Kerssenfischer e Schmeling, 2022), la questione è affrontata in profondità attraverso l’analisi di un vasto database di eventi con timestamp. Questo database abbraccia rilasci programmati di dati macroeconomici, annunci delle banche centrali e aste di obbligazioni, oltre a notizie impreviste come risultati elettorali, declassamenti del rating, guerre e disastri naturali. L’accoppiamento di questo database con le variazioni ad alta frequenza dei prezzi azionari e dei rendimenti obbligazionari negli Stati Uniti e nell’area dell’euro, dal 2002 in poi, getta luce su prospettive prima oscure.

I risultati dello studio

Lo studio rivela che gli eventi imprevedibili, quelli che sfuggono alle previsioni e ai modelli, contribuiscono a spiegare circa il 15% dei movimenti dei mercati finanziari. Un passo ulteriore, integrando eventi programmati come le pubblicazioni della Federal Reserve, dati sull’inflazione e sulla disoccupazione, porta la percentuale di spiegazione a cifre più significative, raggiungendo il 41% per gli Stati Uniti e il 47% per l’Europa. Infine, considerando tutte le notizie, anche quelle di minore rilevanza, emerge una panoramica che giustifica il 60% dei movimenti del mercato azionario statunitense e addirittura il 70% di quello europeo.

Resta una parte dei movimenti che non si riesce a spiegare

Resta un’interrogazione aperta: solo il 30% dei movimenti di mercato rimane inesplorato attraverso i dati fondamentali, sottolineando che una parte significativa è plasmata principalmente da cambiamenti nel sentiment del mercato. Questo enigma sottolinea la complessità intrinseca dei mercati finanziari, dove la percezione e la psicologia svolgono un ruolo altrettanto cruciale delle notizie stesse nel plasmare il destino dei prezzi degli asset.

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