I lavoratori che decidono di collocarsi in quiescenza possono accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria con i requisiti minimi che stabilisce la normativa. In questo caso occorrono almeno 67 anni di età e un montante contributivo minimo pari a 20 anni. Tale requisito consente potenzialmente l’accesso ad un’ampia platea di beneficiari, in quanto il ventennio di contributi può considerare anche periodi di discontinuità. Tale formula pensionistica deve tuttavia adeguarsi ad un ulteriore requisito che si rifà all’importo dell’assegno sociale. Con 20 anni di contributi INPS ecco quanto devono necessariamente percepire di pensione i richiedenti per ricevere subito la provvidenza.
Come aumentare l’importo mensile o anticipare l’uscita dal mondo del lavoro
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L’approdo al collocamento in quiescenza descrive una fase della vita piuttosto delicata per molti lavoratori. Le ragioni possono molteplici e di diversa natura. C’è ad esempio chi vorrebbe incrementare i propri guadagni e decide di lanciarsi in nuove imprese. Per simili imprese, abbiamo dedicato un approfondimento nel quale abbiamo spiegato quando un pensionato può aprire una Partita IVA. Laddove l’assegno dovesse risultare particolarmente insoddisfacente, ci sono diversi modi per aumentare l’importo mensile della propria pensione con alcuni incrementi.
Per chi possiede 20 anni di contributi talvolta si può richiedere la pensione anche prima del 67° anno di età. Nello specifico si tratta di quelle persone che presentano condizioni cliniche piuttosto invalidanti. In questo caso, essi possono anticipare il pensionamento di oltre 10 anni presentando richiesta all’INPS. Ebbene, chi invece deve attendere i 67 anni, quanti soldi percepirà al mese di pensione?
Con 20 anni di contributi INPS, ecco quanto si prende di pensione a 67 anni presentando subito domanda
Per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria, oltre al requisito anagrafico e quello contributivo bisogna considerarne un terzo se si tratta di lavoratori contributivi puri. Quando si parla di “contributivi puri” si fa riferimento alla riforma Dini introdotta dalla Legge n. 335/1995.
Si tratta di quei lavoratori che certificano il primo versamento contributivo dal 1° gennaio 1996 in poi. Per questi ultimi il terzo requisito che consente l’accesso alla pensione di vecchiaia ordinaria impone il raggiungimento di un importo minimo pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Come ogni anno, tale assegno subisce dei lievi ricalcoli e quest’anno è leggermente più alto rispetto al 2021 attestandosi a 468,10 euro mensili. Tenendo conto di quanto indicato, dunque, l’ammontare minimo della pensione di vecchiaia ordinari nel 2022 dovrebbe corrispondere a 702,15 euro mensili per i contributivi puri.
Chi non dovesse raggiungere questo terzo requisito dovrà attendere i 71 anni d’età per accedere alla pensione. A quel punto, infatti, non si tiene conto dell’importo minimo mensile e si possono percepire assegni anche di valore inferiore.
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