Una maggiore imposizione fiscale sulle rendite finanziarie non servirebbe a risolvere i  problemi dei conti pubblici, vediamo perché

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Periodicamente nel dibattito politico e finanziario del nostro Paese ritorna l’ipotesi di una maggiore imposizione fiscale sulle cosiddette rendite finanziarie. A parte la terminologia impropria con cui questa ipotesi viene formulata (propriamente la rendita si collega alla terra, non ad investimenti finanziari, perché bisognerebbe parlare di reddito), tale ipotesi si rivela comunque erronea e prevalentemente ideologica. L’obiettivo teorico di questa proposta riconduce all’obiettivo di maggiori entrate pubbliche, da utilizzare sia per una maggiore sostenibilità del debito, che per eventuali obiettivi di redistribuzione del reddito.

Ma spesso la teoria è distante dalla realtà. Spieghiamo di seguito perché una maggiore imposizione fiscale sulle rendite finanziarie non servirebbe a risolvere i  problemi dei conti pubblici.

Una maggiore imposizione fiscale: gli effetti sui titoli obbligazionari

Esistono molteplici motivi che rendono l’idea di un incremento della imposizione fiscale sui titoli obbligazionari, come su altre forme di reddito da investimenti, fuorviante ed errata. Non ultima la considerazione che un incremento di imposizione fiscale verrebbe con ogni probabilità compensato da dinamiche di mercato, che comporterebbero il ritorno alle precedenti condizioni. Analizziamo cosa potrebbe succedere ai titoli obbligazionari.

L’aumento dell’imposizione fiscale sulle cosiddette rendite potrebbe infatti causare un impatto negativo sulla quotazione di questi titoli. Quando si verifica un aumento delle imposte, i rendimenti netti per gli investitori tendono a diminuire. Ma il mercato potrebbe domandare, su titoli obbligazionari, che hanno un determinato rating, un rendimento netto corrispondente a quello precedente all’incremento della imposizione fiscale. Ciò provocherebbe una diminuzione dei loro prezzi sul mercato.

Un esempio numerico

Per comprendere meglio gli effetti dell’imposizione fiscale sui titoli obbligazionari, consideriamo un esempio numerico. Supponiamo di avere un titolo obbligazionario, ad esempio un titolo di Stato, che quoti 100, con un rendimento del 5% lordo e un’imposizione fiscale del 20%. Prima dell’aumento dell’imposta, l’investitore riceverebbe un rendimento netto del 4% (5% – 20% di tasse).

Con l’aumento dell’imposizione fiscale al 30%, il rendimento netto diminuirebbe al 3,5% (5% – 30% di imposta), riducendo così l’attrattiva dei titoli obbligazionari per gli investitori. Da qui potrebbe derivare una corrente di vendite su tali titoli, almeno sin quando  il nuovo rendimento netto corrisponda ancora al 4%. Ne deriverebbe una probabile discesa almeno sino alla quotazione di 87,5. Infatti 3,5/87,5= 0,04, ossia il 4% di rendimento. Pertanto il rendimento sarebbe quello di prima ed un ribasso delle quotazioni dei titoli renderebbe, ad esempio, più difficile la collocazione di nuove emissioni di titoli di Stato. Unitamente ad altre problematiche tecniche che, per brevità, non consideriamo.

Conclusioni

Ancora una volta si verifica quella spiacevole situazione, per cui troppe persone  esprimono pareri sulla base di irreali concezioni demagogiche ed ideologiche, senza il fondamento di una precisa conoscenza tecnica della questione. Quando invece bastano alcuni semplici calcoli, per dimostrare che la realtà spesso è molto diversa dalla teoria. I calcoli sui rendimenti dei titoli obbligazionari lo dimostrano chiaramente.

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