Quanto si perde con la pensione a 63 anni e perché

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Andare in pensione a 63 anni e una facoltà che la normativa previdenziale offre a determinate categorie di lavoratori e soggetti. La misura che permette di uscire dal lavoro a partire dai 63 anni di età si chiama APE sociale. La misura però potrebbe non essere così vantaggiosa come molti pensano. A prima vista l’unico vantaggio è l’età di uscita che come è evidente è pari a quattro anni prima rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni.

Quanto si perde con la pensione a 63 anni e perché

Uscire dal lavoro con l’APE sociale è sicuramente una facoltà che molti lavoratori potranno sfruttare, almeno fino alla sua scadenza e cioè fino al 31 dicembre 2022. Naturalmente ci sono molti lavoratori che vorranno sfruttarla anche negli anni successivi, purché abbiano raggiunto i 63 anni di età e i contributi previdenziali previsti entro il 31 dicembre prossimo. Per capire però la convenienza bisogna approfondire il campo delle limitazioni che la misura prevede. Infatti la misura non è neutra da limitazioni piuttosto stringenti sia come importo della pensione che come prestazioni annesse alla pensione stessa.

Tutti i limiti dell’APE sociale

Per rispondere alla domanda su quanto si perde con la pensione a 63 anni, non si può non partire da alcune evidenze che la misura mette in risalto. L’APE sociale ha queste particolarità che altre misure non hanno e cioè:

  • non è reversibile al coniuge e ai familiari in caso di morte del beneficiario;
  • non prevede maggiorazioni sociali;
  • è erogata su dodici mensilità e quindi non ha tredicesima;
  • non prevede assegni per il nucleo familiare;
  • può arrivare all’importo massimo di 1.500 euro al mese;
  • non prevede l’integrazione al trattamento minimo INPS;
  • è una misura a termine perché scade al raggiungimento dei 67 anni di età.

Cosa si perde in termini di pensione con l’APE sociale

La misura consente di uscire dal lavoro a partire dai 63 anni di età con 30 anni di contributi versati per un disoccupato, un invalido con il 74% almeno di disabilità e per chi assiste un familiare disabile da almeno sei mesi. Servono invece 36 anni di contributi versati a chi svolge un’attività di lavoro gravoso. O 32 anni per chi è del settore edile o inquadrato tra i ceramisti. Uscire a 63 anni significa bloccare il versamento dei contributi che altrimenti, lavorando, sarebbero proseguiti fino ai 67 anni di età. E quattro anni in meno di contributi versati non sono da scartare dal punto di vista dell’importo dell’assegno.

Al termine dell’APE sociale, quando sarà il momento di presentare la domanda di pensione di vecchiaia, l’interessato la presenterà con 30, 32 o 36 anni di contributi versati. E non con 34, 36 o 40 come sarebbe stato lavorando fino a 67 anni di età. La pensione liquidata alla data di uscita con l’APE sociale sarà con un coefficiente penalizzante dal punto di vista dell’assegno pensionistico. Il montante dei contributi per uno che esce a 67 anni di età è più favorevole tra i 50 e i 100 euro al mese rispetto a chi esce a 63 anni di età.

Ad occhio la misura conviene solo a chi un lavoro non lo ha più. Naturalmente questo non vuole essere una bocciatura secca della misura, perché molto cambia da caso a caso e da lavoratore a lavoratore. In altri termini conviene verificare la propria situazione sia individuale che previdenziale e poi pensare di sfruttare una misura che come abbiamo visto per qualcuno potrebbe essere penalizzante.

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