Pensione di vecchiaia a 71 anni per scelta, di quanto aumenta l’assegno

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Il lavoratore del pubblico impiego non può trattenersi in servizio oltre i 67 anni se ha raggiunto il diritto alla pensione di vecchiaia. Scatta, infatti, il collocamento a riposo d’ufficio obbligatorio al raggiungimento dell’età prevista per accedere alla pensione. Solo nel caso non abbia raggiunto i 20 anni di contributi può chiedere il trattenimento in servizio fino al compimento dei 71 anni. Ma questo riguarda solo i dipendenti pubblici. Si può scegliere di accedere alla pensione di vecchiaia a 71 anni quando non si vuole smettere di lavorare. Ma solo nel settore privato e per i lavoratori autonomi.

Cosa cambia nel settore privato?

Anche se il datore di lavoro ha tutto il diritto di licenziare un dipendente che ha raggiunto i 67 anni di età, c’è da dire che non è obbligato a farlo. Questo significa che se il dipendente vuol proseguire, ancora per qualche anno l’attività ed il datore di lavoro è d’accordo il pensionamento si può rimandare.

Il dipendente potrebbe voler lavorare ancora qualche anno per aumentare i propri contributi e, di conseguenza, anche la pensione. Ma potrebbe voler proseguire anche per amore del proprio mestiere e per non essere ancora pronto a mettersi definitivamente a riposo.

Continuare a lavorare dopo i 67 anni conviene?

Sicuramente per chi non vuole accedere alla pensione al raggiungimento del diritto, continuare a lavorare è sempre conveniente. Non solo si accumulano anni di contributi in più che possono aumentare l’importo della pensione, ma si va verso un coefficiente di trasformazione più elevato. E anche questo comporta un aumento della pensione spettante.

Per il datore di lavoro, invece, tale scelta può essere motivata dall’esperienza del dipendente. Dopo tanti anni di lavoro, infatti, quello che sa fare e come lo sa fare non ha paragoni.

Pensione di vecchiaia a 71 anni per scelta, di quanto aumenta l’assegno

Ma di quanto aumenta la pensione continuando a lavorare qualche anno? Facciamo un esempio concreto e prendiamo un lavoratore dipendente che guadagna 30.000 euro lordi l’anno. Supponiamo che abbia maturato, a 67 anni, 30 anni di contributi e supponiamo anche che la sua retribuzione media sia stata sempre uguale. E che ricada nel sistema contributivo puro.

A 67 anni avrà un montante contributivo pari a 297.000 euro. Applicando il coefficiente di trasformazione di 5,575% gli spetterà una pensione annua pari a 16.557 euro. E una pensione mensile di 1.273 euro.

Se rimanesse in servizio un altro anno, accedendo alla pensione a 68 anni, il montante contributivo sarebbe di 306.900 euro. Si applicherebbe un coefficiente pari al 5,772% e si avrebbe una pensione annua di 17.714 euro. La pensione mensile sarebbe di 1.362 euro.

Rimanendo in servizio fino ai 69 anni il montante contributivo sarebbe di 316.800 e si applicherebbe il coefficiente del 5,985%. La pensione annua sarebbe di 18.960 euro e quella mensile pari a 1.458 euro.

Se scegliesse di andare in pensione a 70 anni il montante contributivo sarebbe di 326.700 euro. Il coefficiente di trasformazione applicato sarebbe del 6,215% e la pensione annua pari a 20.304. Quella mensile, invece sarebbe di 1.561 euro.

Infine, rimanendo in servizio fino a 71 anni avrebbe un montante contributivo di 336.600 euro ed il coefficiente sarebbe pari al 6,466%. La pensione annua spettante sarebbe pari a 21.764 euro e quella mensile pari a 1.674 euro.

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