Non solo assegno divorzile e pensione di reversibilità ma all’ex coniuge potrebbe spettare anche quest’altra consistente somma di denaro

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Come noto, la separazione e il divorzio non sono mai momenti facili nella vita delle persone. È necessario affrontare molteplici problemi, da quelli affettivi agli stravolgimenti della vita quotidiana. Non solo, c’è il problema della gestione dei figli e dell’economia della famiglia.

Proprio in relazione al piano economico del divorzio, particolare importanza assume l’assegno divorzile. La funzione di questo assegno è cambiata e si è evoluta nel tempo. In passato serviva sostanzialmente a far mantenere al coniuge economicamente debole lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio. Oggi, invece, la giurisprudenza riconduce a questo assegno principalmente tre funzioni. Quella assistenziale, quella perequativa e quella compensativa. In sostanza, il giudice attribuisce questa somma tenendo conto del contributo personale ed economico che ciascun coniuge ha apportato alla vita familiare comune.

Altro strumento di supporto economico, questa volta di tipo principalmente assistenziale, è la pensione di reversibilità. Consiste nel riconoscimento da parte dell’INPS di un trattamento pensionistico facente capo al defunto in favore dei familiari superstiti. Questo tipo di misura assistenziale non è riconosciuta solo al coniuge o ai figli superstiti, ma anche al coniuge separato o divorziato. In questo secondo caso, alla duplice condizione che non si sia risposato e che la data di inizio del rapporto assicurativo sia anteriore allo scioglimento del matrimonio.

La spiegazione della giurisprudenza

Non solo assegno divorzile e pensione di reversibilità ma, secondo la Corte di Cassazione, all’ex coniuge potrebbe spettare anche un altro tipo di risarcimento. I giudici hanno affrontato la questione con la sentenza 9010 del 2022. In particolare, hanno indagato se ad un soggetto possa spettare il risarcimento per il danno da morte dell’ex coniuge. I giudici chiamano questo tipo di danno da perdita del rapporto parentale.

In maniera molto semplice, si tratta del danno morale subito da un soggetto per la perdita di un parente stretto. Il danno è di tipo non patrimoniale, cioè riguarda la sofferenza interiore che la scomparsa di un familiare porta, purtroppo, sempre con sé. I giudici hanno spiegato che è ben possibile che un soggetto possa ottenere il risarcimento di questo tipo di danno quando causato da un fatto illecito di un terzo. Si pensi all’omicidio, una malattia mal curata da un medico, un infortunio sul lavoro causato dal mancato rispetto delle norme di sicurezza da parte dell’azienda.

Non solo assegno divorzile e pensione di reversibilità ma all’ex coniuge potrebbe spettare anche quest’altra consistente somma di denaro

In tutti questi casi c’è un colpevole che causando, anche per colpa, la morte di un soggetto crea un danno ai suoi parenti. In questo caso di tipo, appunto, morale. I giudici hanno spiegato che per ottenere questo tipo di risarcimento, l’ex coniuge deve dimostrare di avere mantenuto un forte legame affettivo con il defunto. Anche se non c’è coabitazione e anche se il matrimonio è finito, è possibile che l’ex coniuge dimostri l’esistenza e la forza di questo legame. Dunque, concludono i giudici, questo tipo di risarcimento non è automatico, ma non è nemmeno escluso a priori. Va indagato, caso per caso, il rapporto affettivo intercorrente tra ex coniuge e defunto. Il risarcimento, sia nell’esistenza che nella quantità, verrà basato sull’intensità di questo legame.

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