Le tasse da pagare nel 2023 saranno da mal di testa

Le tasse da pagare nel 2023 saranno da mal di testa

Con l’arrivo del nuovo anno si inizia già a pensare alle nuove tasse da pagare. Quando si è appena finito di pagare quelle del 2022 con il saldo IMU del 16 dicembre. E visto che non ci sono grandi mutamenti a livello fiscale per ora, sarà sicuramente un salasso per gli italiani tenere il passo con i pagamenti. Visto il rincaro dei prezzi dei generi alimentari e l’aumento di bollette e carburanti. Vediamo nello specifico nei prossimi paragrafi cosa potrebbe cambiare.

Solitamente, quando un Governo non ritocca le tasse, i contribuenti sono contenti. Perché di solito i ritocchi sono sempre al rialzo. A livello fiscale non ci sono grandi novità per i cittadini che dovranno continuare a pagare le solite tasse. A cui si devono aggiungere, però, tutti i rincari che ci sono già stati sui prezzi dei generi alimentari. E su bollette e carburanti. Le tasse da pagare nel 2023, anche se invariate, peseranno di più, però.

Iniziamo con i rincari di gennaio

Nessuna tassa in più? Non è proprio così, visto che dal primo gennaio aumenta il prezzo delle sigarette, dei sigari e del tabacco per l’aumento delle accise (che altro non sono che imposte sulla fabbricazione di prodotti). E visto che a pagarne le spese è, comunque, sempre il consumatore finale.

Dal primo gennaio aumenta il prezzo di sigarette, sigari e tabacco per l’aumento delle accise

Dal primo gennaio aumenta il prezzo di sigarette, sigari e tabacco per l’aumento delle accise-proiezionidiborsa.it

Per il resto le tasse rimarranno le stesse e il cittadino si troverà a pagare TARI, IMU, TASI, IRPEF, IVA, Bollo auto e Canone RAI. Esattamente come tutti gli altri anni. Solo che quest’anno peseranno sicuramente di più, visto che se le pensioni si adeguano all’inflazione gli stipendi non lo fanno.

Le intenzioni del Governo

Ma il Governo ha intenzione di cambiare il metodo di tassazione del reddito, che oggi è modulato su 4 scaglioni e 4 aliquote IRPEF, portando sia le aliquote che gli scaglioni a 3: 23, 27 e 43%. Aliquota maggiore e minore rimarrebbero invariate, quindi, mentre le due centrali sarebbero accorpate in una unica. Ma per poter applicare questa riforma dell’IRPEF, per forza di cose il Governo dovrebbe trovare le coperture necessarie.

Ovviamente il sistema dei 3 scaglioni di reddito porterebbe uno svantaggio ai redditi più bassi, quelli che con le 4 aliquote ricadevano nell’aliquota al 25%. E porterebbe un vantaggio per quelli più alti che ricadevano nell’aliquota del 35%.

La riforma dell'IRPEF a 3 scaglioni di reddito porterebbe uno svantaggio ai redditi più bassi

La riforma dell’IRPEF a 3 scaglioni di reddito porterebbe uno svantaggio ai redditi più bassi-proiezionidiborsa.it

Le tasse da pagare nel 2023, tra disparità di trattamento

Si tratta di una evidente disparità di trattamento a cui si dovrebbe dare una spiegazione dell’appropriatezza. A questo si aggiungano anche i correttivi per il regime forfetario che permettono di rimanere nella tassa piatta non più fino a 65.000 euro di guadagni, ma fino a 85.000 euro.

Ricordando che un lavoratore dipendente o un imprenditore che guadagna 85.000 euro si vede applicare sull’eccedenza dei 50.000 un’aliquota del 43%. Mentre un forfetario paga su tutto il reddito prodotto (in base al coefficiente di redditività) solo il 5 o il 15%. Un’evidente ingiustizia o solo un modo per favorire l’autoimprenditorialità?

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