La galoppata inarrestabile di Nvidia: fatturato a +44 mld nonostante Trump, ma il resto del 2025 non promette nulla di buono

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Apple è scesa dopo tempo immemore sotto quota 3mila miliardi di capitalizzazione, Tesla ha visto il suo market share in Europa crollare del 50%, e molti altri titoli tecnologici non sembrano passarsela bene dopo il Q1 2025. Con una sola, ma fondamentale eccezione: è Nvidia, la società che produce chip e componenti elettronici fondamentali per lo sviluppo tecnologico mondiale. Un gigante americano, fondato e diretto dal taiwanese Jen-Hsun Huang (capiremo poi perché la sua nazionalità è importante), che ha chiuso il primo quadrimestre dell’anno con dei ricavi straordinari. Nonostante Trump, verrebbe da dire.

Un rialzo che fa tremare le gambe

Il primo trimestre del 2025 ha visto Nvidia registrare un kolossal +69% di ricavi, assestandosi a quota 44,1 miliardi, mentre i profitti sono aumentati del 26% a 18,8 miliardi di dollari, nonostante le previsioni stimassero una crescita pari a 19,5 miliardi. Il merito, per così dire, è di Blackwell, la nuova generazione di GPU realizzate per rispondere alle richieste energivore dell’intelligenza artificiale. 208 miliardi di transistor, processo di costruzione a 4 nanometri, scambio dati interno a 10 TB/s: una vera e propria bomba che alimenterà i dispositivi di oggi e di domani, favorendo una diffusione sempre più capillare dell’AI.

L’EPS riscontato è ben oltre quello del previsto: da 0,73$ a 0,81$, mentre sul segmento Data Center i ricavi hanno registrato un +10% sul Q4 2024 e un +73% sul Q1 2024, nonostante gli analisti prevedessero un dato di 39,2 mld, contro i 39,1 registrati. Entro il 3 luglio 2025, gli azionisti riceveranno anche il dividendo, pari a 0,01$/azione.

Ma non è tutto oro quello che luccica

Così come la potenza dei suoi dispositivi, NVIDIA ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per crescere in maniera esponenziale: dai 1000 miliardi di capitalizzazione del 2023, è infatti passata a 3000 miliardi in appena un anno, diventando la terza azienda a superare questa soglia, insieme a Microsoft ed Apple. Proprio il gigante di Cupertino, vista la sua dipendenza patologica dalla Cina per la costruzione di iPhone e affini, è la realtà che più è stata sfavorita dalla guerra commerciale di Trump, nonostante Tim Cook, il CEO della mela morsicata, ne sia un neanche troppo silenzioso sostenitore.

NVIDIA, in ogni caso, è chiamata a un Q2 2025 nel quale si prevede un calo dei ricavi fino a 45 miliardi, 8 in meno delle precedenti analisi, a causa delle restrizioni imposte dalla Casa Bianca verso la Cina, che potrebbero rallentare i consumi del gigante asiatico, ma non solo. Proprio la possibilità di cali nel settore H20, così come i focolai di guerra tra Cina e Taiwan, il principale produttore mondiale di semiconduttori, potrebbero trascinare NVIDIA e gli altri giganti del tech in una spirale discendente, vanificando così una crescita record nel periodo 2023-2024 che vede le prime 10 aziende mondiali per capitalizzazione appartenere per larghissima parte al mondo digitale. Fanno eccezione Saudi Aramco e Berkshire Hathaway, il fondo di investimento guidato dal 94enne Warren Buffett.

Il ruolo dei giudici USA per aiutare NVIDIA e le altre

Il Tribunale del Commercio Internazionale di New York, nella giornata del 28 maggio, ha dichiarato illegittimi i dazi di Trump e, invocando l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977, ha disposto il blocco di:

  • Dazi universali del 10%
  • Dazi reciproci (dal 20% dell’UE fino al 145% per la Cina)
  • Dazi del 30% sulla Cina
  • Dazi del 25% su Messico e Canada

L’applicazione della sentenza e della legge del 1977 (varata durante l’amministrazione Carter), in realtà, segue anche il dettato costituzionale USA secondo il quale il presidente non ha l’autorità di applicare i dazi, senza una previa autorizzazione del Congresso. Circostanza peraltro non difficile, visto che Camera dei rappresentanti e Senato sono saldamente in mano al Partito Repubblicano, di cui Trump è esponente e leader indiscusso sin dal 2016. Proprio il presidente ha commentato che la sentenza provenga da “giudici non eletti”, ma è l’ennesima tegola di un roboante capo della Casa Bianca che, ora, deve fare anche i conti con l’uscita di Elon Musk dal governo. Pare infatti che il capo di Tesla, alla testa fino a ieri del DOGE (Department of Government Efficiency), un dipartimento che aveva come scopo quello di tagliare centinaia di miliardi di spesa pubblica, sia rimasto deluso dalla nuova legge di bilancio USA, che aumenterebbe il deficit. Insomma: Musk taglia su ordine di Trump, e Trump risponde aumentando le spese che proprio Musk avrebbe dovuto tagliare. L’ennesimo capitolo di una bromance tra due prime donne che non ha mai convinto fino in fondo, i mercati e non solo loro.