Due lati della stessa medaglia: mentre negli Stati Uniti l’inflazione ad aprile è risultata inferiore alle aspettative, Draghi lancia un appello ai Governi Ue: “raggiunto punto di rottura”. L’analisi di ING e le dichiarazioni dell’ex banchiere.
Da un report stilato da James Knightley, Chief International Economist, US di ING, emerge che ad aprile l’inflazione statunitense si è rivelata meno preoccupante di quanto previsto. “I recenti accordi sui dazi sembrano scongiurare un aumento dei prezzi, mentre i principali indicatori del mercato immobiliare puntano verso una diminuzione dei costi degli alloggi. Grazie a questi fattori, si apre uno spiraglio per altri tagli dei tassi della Fed“. Le politiche commerciali di Trump, dunque, stanno ottenendo (anche) effetti positivi, mentre l’Europa langue.
Usa, meno minacce sui dazi fanno felice la Fed
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Il commento firmato da James Knightley ci regala un quadro molto più roseo del previsto per quanto riguarda la situazione economica del popolo americano. Dal suo report emerge che:
- ad aprile 2025, l’indice dei prezzi al consumo (IPC) statunitense è aumentato dello 0,2% rispetto al mese precedente, sia per l’inflazione generale sia per quella core;
- su base annua, l’inflazione generale è scesa al 2,3% rispetto al 2,4% di marzo. (valore più basso da febbraio 2021), mentre l’inflazione core, esclusi alimentari ed energia, rimane al 2,8% su base annua;
- i prezzi delle auto usate sono scesi dello 0,5%; quelli dell’abbigliamento dello 0,2%; e quelli dei generi alimentari dello 0,1% su base annua. Queste diminuzioni hanno compensato gli aumenti che hanno interessato i servizi di assistenza medica (+0,5% su base mensile), le materie prime per l’assistenza medica (+0,4%), la manutenzione dei veicoli a motore (+0,7%) e le assicurazioni auto (+0,6%);
- gli indicatori immobiliari puntano verso un calo del costo degli alloggi.
La conclusione del report:
Che l’inflazione nel settore dei servizi sarà limitata è anche la previsione che emerge dall’indagine della National Federation of Independent Business (NFIB), importante associazione statunitense che rappresenta le piccole e medie imprese del Paese. A febbraio, il 31% delle imprese stava aumentando i prezzi mentre il 30% prevedeva di farlo entro i successivi tre mesi. Nell’ultima rilevazione questi valori sono scesi, rispettivamente, al 25% e al 28%. In seguito agli sviluppi presentati, è lecito aspettarsi un taglio dei tassi di interesse a settembre, che a questo punto sembra più probabile possa essere di 25 punti base, anziché 50.
Quindi, non solo la de-escalation aiuta la crescita. Contribuisce anche a diminuire l’impatto dell’inflazione sulle decisioni della Fed, rinnovando la possibilità che si aprano spazi di manovra per una riduzione dei tassi.
E in Italia-Europa che succede? Le parole di Draghi non lasciano spazio ai dubbi
Non era necessario “scomodare” l’ex banchiere della BCE per rendersi conto che in Europa e ancora peggio in Italia c’è qualcosa che non va, e che i Dazi di Trump sono solo l’ennesimo shock a cui i Paesi Ue devono rispondere. Perché “la crisi nasce di lontano“, come ha ricordato Mario Draghi, e che fu un errore (durato più di 20 anni?…) “rinunciare a sviluppare il mercato interno come fonte di crescita”.
Sempre l’ex banchiere ricorda che la transizione green è stata attivata in modo scriteriato, e che per “garantire la sicurezza energetica sarebbe necessaria una trasformazione fondamentale del nostro sistema energetico che non siamo stati in grado di realizzare”. Per poi aggiungere: “i prezzi elevati dell’energia e le carenze della rete sono, in primo luogo, una minaccia per la sopravvivenza della nostra industria” e “un onere insostenibile per le nostre famiglie”. L‘intervento di Draghi prosegue, suggerendo ingenti investimenti in ogni settore, compresi il cyber spazio, il 5G e la Difesa, in modo da non rimanere indietro su tutti i fronti. Il suicidio europeo, dunque, è una realtà ormai innegabile, e se nemmeno Draghi riesce a convincere i Governi ad adottare strategie efficaci…