Inflazione e recessione? Oppure, inflazione o recessione?

commissione europea

Il dilemma è servito e rappresenta uno dei temi caldi del momento. Perché, nelle ultime settimane, tra economisti e politici si sta sviluppando una attenzione sempre crescente per l’analisi sui possibili sviluppi della situazione macroeconomica internazionale in corso. L’obiettivo di tutti è quello di capire se il mondo è destinato inevitabilmente ad andare incontro ad una situazione in cui, oltre al forte ritorno dell’inflazione, l’economia ritornerà in una situazione di recessione, come ai tempi del Covid (2020), oppure se abbattere l’inflazione è possibile solo a patto di accettare una recessione. Oppure, ancora, se è possibile evitare una recessione a prescindere dagli sviluppi dell’inflazione.

Le domande sono chiare e chiare sono anche gli scenari in campo:inflazione e recessione? Oppure, inflazione o recessione?  Difficile, invece, capire quale sia lo scenario più probabile e quali possano essere gli interventi in termini di politiche monetarie e fiscali da adottare.
La certezza è una sola: il tasso di inflazione dei principali paesi Occidentali ha raggiunto livelli mai toccati negli ultimi quarant’anni ed è ormai ad un passo dal toccare quelli registrati negli anni Settanta, il famoso decennio in cui il mondo fu affetto da diversi episodi di shock energetici che portarono l’economia globale a quel fenomeno passato poi alla storia come “stagflazione”, ovvero una situazione caratterizzata da elevata inflazione e recessione. Ed è proprio questa la preoccupazione principale dei policy-maker: la stagflazione è destinata a tornare anche oggi?

La prima impressione è che non sembrerebbe.

Nonostante il rallentamento della crescita del PIL sia ormai un dato di fatto in numerosi Paesi, infatti, non sembra che l’entrata di questi in una situazione di recessione tecnica (due semestri consecutivi nei quali si registra una crescita negativa del PIL) sia lo scenario più probabile. Anche le ultime previsioni di crescita rilasciate dalla Commissione Europea non contemplano questa eventualità. Insomma, rallentamento sì, recessione no.
Le cause dell’inflazione differiscono tuttavia tra eurozona e Stati Uniti. Nella prima macroarea, infatti, l’aumento dei prezzi è dovuto soprattutto a cause di tipo supply-side, in particolare all’impennata dei prezzi dell’energia e degli alimentari, come effetto principale della riduzione delle forniture di gas da parte della Russia e delle problematiche relative alla riduzione dell’offerta del grano ucraino. Negli Stati Uniti, esiste certamente una componente (sempre più presente) di inflazione supply-side, ma questa è accompagnata anche ad una forte inflazione da domanda, o meglio da sussidi, che poi sono quelli stanziati dalle amministrazioni Trump prima e Biden poi, per sostenere l’economia americana alle prese con il Covid, oltre alla massa monetaria senza precedenti immessa sui mercati dalla Federal Reserve per analoghi motivi.

Inflazione e recessione? Oppure, inflazione o recessione?

Anche le soluzioni in termini di policy-making saranno differenti, con gli USA destinati a subire nell’immediato un più deciso restringimento della politica monetaria, attraverso un aumento dei prezzi e una riduzione della offerta di moneta da parte della banca centrale, mentre per l’eurozona questo processo sarà molto meno marcato e repentino. Si vocifera che Jerome Powell abbia messo addirittura in conto di dover affrontare una recessione di breve periodo come conseguenza del rapido aumento dei tassi d’interesse imposto dalla sua FED ma che questo sia visto come un effetto collaterale necessario per combattere l’inflazione.

Può anche darsi che gli USA cadano davvero in recessione, ma ciò non è scontato e, di conseguenza, è possibile che il percorso di normalizzazione della politica monetaria possa avvenire soltanto creando un rallentamento della crescita economica.
Per l’eurozona lo scenario più probabile è invece quello di un rallentamento della crescita accompagnata da un moderato costo del denaro che, sperabilmente, condizioni internazionali permettendo, dovrebbe contribuire a ridurre l’inflazione. Il rischio, tuttavia, è quello che un restringimento poco deciso della stance della politica monetaria possa indebolire l’euro sui mercati Forex, creando il rischio di generare una maggior inflazione importata dall’esterno. Una questione non irrilevante. Perché, anche il rischio di una battaglia valutaria tra euro e dollaro rischia di essere uno degli effetti negativi di questa incerta fase di uscita dal Covid dell’economia mondiale.

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