Il chiamato all’eredità, che abbia rinunciato, non risponde dei debiti tributari

cassazione

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 11832 del 12/04/2022, ha chiarito gli effetti in termini di obbligazioni tributarie della rinuncia all’eredità. Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello proposto dal contribuente. Il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella esattoriale relativa ad imposta di successione, preceduta da un avviso di liquidazione non impugnato. Entrambi gli atti erano stati notificati al chiamato all’eredità, che aveva però poi rinunciato alla stessa eredità. I giudici di secondo grado avevano rilevato che la rinuncia all’eredità, avendo valore retroattivo, aveva fatto venire meno lo stesso presupposto del tributo. Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione. L’Amministrazione finanziaria deduceva che la mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione aveva reso definitiva la pretesa, con conseguente inefficacia della successiva rinuncia.

Il chiamato all’eredità, che abbia rinunciato, non risponde dei debiti tributari. La decisione

Secondo la Suprema Corte, la censura era infondata. Evidenziano i giudici di legittimità che il chiamato all’eredità, che abbia ad essa rinunciato, non risponde dei debiti del “de cuius”. La rinuncia ha infatti effetto retroattivo, senza che quindi assuma rilevanza l’omessa impugnazione dell’avviso di accertamento notificato dopo l’apertura della successione.

Pertanto, il chiamato all’eredità, che abbia rinunciato, non risponde dei debiti del “de cuius”, neppure per il periodo tra l’apertura della successione e la rinuncia. E questo neanche se risulti tra i successibili “ex lege”, o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione). Avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art. 521 c.c., il “contribuente” è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili

Conclusioni

In conclusione, la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è sufficiente all’acquisto della qualità di erede. Perché consegua tale effetto è infatti necessaria anche l’accettazione. E spetta sempre a colui che agisca nei confronti del preteso erede, per debiti del de cuius, l’onere di provare l’assunzione della qualità di erede. Anche una eventuale rinuncia tardivamente proposta, esclude del resto che il rinunciatario possa essere chiamato a rispondere dei debiti tributari. A meno che egli non abbia posto in essere comportamenti dai quali desumere una accettazione implicita dell’eredità. Sarebbe peraltro contrario all’art. 53 Cost. assoggettare ad imposta un soggetto rispetto al quale il presupposto impositivo non sia mai sorto per effetto della rinuncia. Solo chi abbia accettato l’eredità non può infatti più legittimamente rinunciarvi, essendo l’accettazione un atto irrevocabile.

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