Ecco i controlli per capire se è possibile passare al regime forfettario agevolato e IRPEF ridotta

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Il termine dell’anno solare coincide con il check-up che molti professionisti e lavoratori autonomi faranno sul loro regime fiscale. In questa sede vedremo il caso di chi ha già un’attività avviata con un altro regime e sta meditando il passaggio al forfettario. Quali sono gli elementi da considerare e rispettare per dare luogo a questa transizione fiscale?

In estrema sintesi, ecco i controlli per capire se è possibile passare al regime forfettario agevolato e IRPEF ridotta.

Il passaggio dal regime ordinario a quello agevolato

Il regime agevolato è senza dubbio interessante per i vantaggi fiscali e contributivi che offre. È bene precisare questo regime è considerato un regime naturale. Cioè al rispetto dei parametri e delle condizioni previste per la sua applicazione, il contribuente ricade naturalmente in questo perimetro fiscale.

Non dovrà effettuare alcuna comunicazione preventiva o successiva all’Agenzia delle Entrate. Sarà invece sufficiente procedere per “fatti concludenti”, cioè tenere la contabilità ed emettere fatture secondo il nuovo regime, quello forfettario.

Solo nel caso in cui non volesse aderire a quest’ultimo regime forfettario deve scegliere di continuare a restare nel regime normale.

Primo controllo: monte compensi incassati da calcolare

La prima condizione per poter passare a regime forfettario dal 2022 è non aver fatturato nel 2021 più di 65000 euro.

Si tratta di una soglia limite al superamento della quale si esce dal regime agevolato, ovvero non si può accedere per chi non ne fa parte. Infine ricordiamo che l’uscita da questo regime agevolato non impedisce di ritornarvi in futuro al rispetto dei parametri stabiliti.

Il limite di fatturato andrà calcolato secondo il criterio (per competenza o per cassa) previsto dal proprio regime durante il periodo di imposta. Nel caso dei professionisti si seguirà il regime di cassa (e non delle fatture emesse) per la determinazione della soglia-limite.

La quota di fatturato verso l’ex datore di lavoro

Un altro controllo riguarda la quota di fatturato ottenuta verso un eventuale ex datore di lavoro. Cioè non si può cambiare regime se il grosso dei ricavi è ottenuto dalla collaborazione con chi, nell’anno in corso o nei 2 periodi d’imposta precedenti, è/era il datore di lavoro.

Nel dettaglio, la quota di fatturato (nel periodo d‘imposta) verso l’ex datore non deve eccedere il 51% dei ricavi.

Le (eventuali) partecipazioni da cedere e le spese legate al personale

Un altro parametro ostativo al passaggio al forfettario riguarda l’eventuale possesso di quote di partecipazioni verso i soggetti di cui all’art. 5, legge 190/2014.

Tuttavia, chi si ritrova ad agire nel regime ordinario e nel corso dell’anno riesce a cedere tali quote, può chiedere e ottenere il passaggio di regime. A patto, tuttavia, di rispettare tutti gli altri parametri previsti per il passaggio.

Infine eccoci alla soglia che riguarda i costi del personale dipendente o per lavoro accessorio. Il limite, in questo caso, è fissato in 20.000 euro lordi.

Ecco i controlli per capire se è possibile passare al regime forfettario agevolato e IRPEF ridotta

In chiusura ricordiamo che l’opzione iniziale per il regime semplificato o ordinario è vincolante per i primi 3 anni di attività (vi sono tuttavia delle eccezioni). Dopo il triennio, la scelta va confermata di anno in anno, salvo eventuale passaggio (quindi, maggiore convenienza) al regime agevolato.

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