Come riconoscere a prima vista il miglior pellet e assicurarsi che sia di buona qualità

pellet

Già in questo precedente articolo abbiamo dato una definizione del pellet. In più abbiamo visto quali sono le certificazioni che lo accompagnano e ne attestano la qualità. Queste ultime, in modo particolare, dovrebbero darci garanzia su più fronti. La finalità della certificazione attiene principalmente ai rendimenti del pellet in questione.

Ma anche a garantire il rispetto dei criteri ambientali e che il prodotto non sia nocivo per la salute umana.

Si tratta di elementi importantissimi, al pari di tutti gli altri che esporremo da qui a breve. Presi nel loro insieme, infatti, ci dicono come riconoscere a prima vista il miglior pellet e assicurarsi che sia di buona qualità e fare un buon affare.

Il potere calorifico

Tra le informazioni più importanti che possiamo reperire in etichetta, una di esse attiene al potere calorifico. Si tratta del calore liberato dalla combustione per unità (1 kg) di pellet. Questo si attesta normalmente attorno ai 4,7-4,8 kWh/kg e va collegato anche al contenuto idrico del pellet, che si dovrebbe attestare intorno al 6-8%.

Umidità

Anche il grado di umidità è un valore che influenza strettamente il potere calorifico. Se il pellet dovesse risultare umido, la combustione si svilupperà per far evaporare l’acqua invece che per produrre calore. Inoltre il pellet umido farà sporcare le camere di combustione di caldaie, stufe e termocamini. Il valore ideale dell’umidità si attesta tra un minimo del 6-8% ed il 12% massimo.

Nel  caso  dell’umidità contenuta, per capire come riconoscere a prima vista il miglior pellet, e assicurarsi che sia di buona qualità, non dovremo solo leggere l’etichetta. È altresì importante controllare che gli imballaggi del pellet siano ben sigillati, che i tronchetti di pellet non risultino rigonfi e con strani colori. Una volta comprati, dovremo stare attenti a conservarli in luoghi riparati e asciutti.

Contenuto di ceneri

Questo valore è indicato in percentuale su base secca di un campione di pellet. Anch’esso può essere letto in etichetta, come residui di ceneri lasciate dai tronchetti dopo la loro combustione.

Dal valore che assume questo parametro dipenderà anche la maggior o minore manutenzione della nostra camera di combustione.

Ora, la propensione a produrre ceneri dipende da diversi fattori. Tra questi, la presenza di corteccia nel legno utilizzato fa, ad esempio, produrre più ceneri. Avremo, invece, poche ceneri se lo stoccaggio avverrà su una superficie pulita e la sua essiccazione avverrà attraverso forni a fiamma indiretta.

In base alle classi, si avranno percentuali di ceneri che andranno dallo 0,7% per la classe A1, al 3,5% per la classe B.

Un esperimento empirico per testare la qualità del pellet

A prima vista, abbiamo detto che i cilindri di pellet non dovranno essere rigonfi, umidi o rugosi.

Dovranno anche essere ben compatti, ma non duri o resistenti. La compattezza serve ad evitare la formazione di troppe ceneri e a garantire un miglior rendimento. Nello stesso tempo, i tronchetti di pellet non dovranno essere troppo resistenti. In caso contrario, gli stessi potrebbero nascondere un uso di collanti chimici. Ricordiamo che questi ultimi sono nocivi per la salute e per l’ambiente, oltre che per la qualità della combustione.

Alcuni suggeriscono, poi, di proseguire con il test del bicchiere d’acqua fredda, nel quale immergere alcuni tocchetti di pellet. Se vanno prima a fondo e poi si sgretolano, vuol dire che sono di ottima qualità.

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