Chiusura delle attività non necessarie: quale impatto su debito pubblico e titoli di Stato?

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Chiusura delle attività non necessarie: quale impatto su debito pubblico e titoli di Stato?

Sinora le misure prese dal governo per contrastare il coronavirus non erano ancora giunte a chiudere tutte le attività, eccettuate quelle di prima necessità. Sabato è stata invece presa questa decisione, con eccezione di quelle legate a beni o servizi essenziali.

Chiusura delle attività non necessarie: quale impatto su debito pubblico e titoli di Stato?

Questa una delle domande che investitori ed operatori finanziari probabilmente si faranno in queste ore.

Quale impatto?

Una delle principali conseguenze della chiusura delle attività è infatti un ridimensionamento economico e, di conseguenza, dei flussi finanziari relativi alle entrate statali.

Ma non crediamo che questo impatti sulla tenuta del debito e, quindi, sui titoli di Stato.

Probabilmente vi saranno momenti di tensione emotiva, qualche ribasso, ma sostanzialmente la tenuta del debito è probabile per diversi motivi.

Fermo restando che nessuno ha la sfera di cristallo.

Quali i motivi della tenuta del debito?

I principali motivi potrebbero essere i seguenti:

  • Politica espansiva
  • Provvedimenti sul debito: un cane che si morde la coda
  • Politica della BCE e MES
  • Clausole cacs
  • Regola del debito e scadenze lunghe
  • Eurobond
  • Nuovo piano economico

I primi 4 punti spiegano perché sarebbe contraddittorio assumere provvedimenti di ristrutturazione sul debito, unitamente alla scarsa probabilità di una siffatta misura.

Gli ultimi 3 spiegano come probabilmente si procederà per sostenere la situazione.

Politica espansiva

E’ noto che in questa fase si stanno adottando politiche espansive per sostenere l’economia. Probabilmente non quello che andrebbe fatto. Ma comunque sarebbe contraddittorio assumere provvedimenti che vadano in direzione opposta, come ristrutturazioni del debito o aumento delle tasse sui titoli.

Anche perché i titoli sono detenuti non solo da istituzioni finanziarie, ma anche dal semplice cittadino, il quale certo non sarà incentivato a sostenere la domanda di beni e servizi, se riceve meno flussi finanziari.

Provvedimenti sul debito: un cane che si morde la coda

Sicuramente l’impatto economico di questa difficile fase non si è fatto attendere sulle Borse.

Ma provvedimenti che ristrutturino il debito pubblico sarebbero come il famoso cane che si morde la coda.

Per un verso, sarebbero finalizzati a contenere i flussi finanziari in uscita, legati a pagamenti di cedole e rimborso del capitale.

Ma quale sarebbe l’effetto? Evidentemente, lo stato ha ancora bisogno del debito pubblico. Ma una ristrutturazione determinerebbe un sentiment di avversione verso i titoli del debito. Pertanto lo Stato sarebbe costretto a ricorrere ad interessi decisamente più elevati, a fronte di una percezione di maggior rischio relativamente alla sostenibilità delle finanze pubbliche.

Insomma, quel che rientra dalla porta, dovrebbe poi nuovamente uscire dalla finestra. Con l’aggravante di aver causato una grave sfiducia verso il paese.

Se viene ristrutturato il debito, chi continuerebbe a sottoscriverlo?

Certo non la BCE, con le attuali regole, ma il mercato.

Ma il mercato avrebbe ancora fiducia?

Soprattutto dopo un inevitabile downgrade da parte delle agenzie di rating.

Peraltro vi sarebbe un altro motivo, per cui la BCE non potrebbe più acquistare titoli di stato italiani, neppure una volta emessi, sul cosiddetto secondario, per sostenerne le quotazioni nell’ambito di programmi di QE. Infatti la BCE non può acquistare titoli sotto un determinato livello di rating.

Quanto al MES, come fondo salva stati, potrebbe imporre determinate condizioni, per concedere un finanziamento.

Ma sarebbe, ancora una volta, uno strumento contraddittorio.

Infatti, viste anche le sue limitate disponibilità finanziarie, potrebbe probabilmente concedere molto meno di quello che poi servirebbe per coprire una crisi di sfiducia, conseguente ad eventuali ristrutturazioni.

In altri termini, non potrebbe sottoscrivere l’intero debito che servirebbe dopo una crisi dei mercati, conseguente ad ipotetiche ristrutturazioni richieste dal medesimo MES. Ancora una volta, un cane che si morderebbe la coda.

La sua dotazione si aggira sui 400 miliardi, ma ne servirebbero molti di più in caso di ristrutturazione, proprio perché i mercati non si fiderebbero più ed i titoli italiani, divenuti titoli spazzatura, comporterebbero il pagamento di interessi molto più elevati, per indurre il mercato a sottoscriverli nuovamente.

Clausole cacs

Si tratta di clausole che impongono la votazione da parte degli obbligazionisti su una eventuale proposta di ristrutturazione.

Ristrutturazione che, quindi, non potrebbe essere assunta unilateralmente.

Ed il voto perché passi una proposta di questo tipo richiede maggioranze piuttosto elevate. Peraltro il debito è in gran parte in mano ad investitori istituzionali, come banche e società finanziarie. Perché questi investitori dovrebbero votare contro i propri interessi?

Chiusura delle attività non necessarie: quale impatto su debito pubblico e titoli di stato? Regola del debito e scadenze lunghe

L’UE ha sospeso l’applicazione dei coefficienti europei in materia di debito.

Ossia il debito contratto per far fronte al virus non rientra nel conteggio dei parametri rispetto al PIL.

Ma questo potrebbe anche significare un’altra cosa.

Tra il debito da emettere, va considerato anche quello a lungo termine, che potrebbe sostituire le scadenze a breve.

In altri termini le risorse che dovrebbero servire per rifinanziarie il debito, potrebbero invece essere destinare a misure contro il virus, ed il servizio del debito potrebbe invece essere garantito da titoli a lunga scadenza di nuova emissione, senza che questi vengano conteggiati ai fini del rispetto delle regole europee.

Il che darebbe tempo all’Italia di riprendersi in un’ottica pluriennale, in aggiunta ad un piano economico straordinario di rilancio.

E’ uno strumento che si definisce allungamento del debito, e che segue, non a caso, quello che succede sulla curva dei rendimenti in casi di crisi.

La curva, se ritiene non più sostenibile il debito, o comunque che vi siano gravi tensioni, si inverte, portando i tassi a lungo termine al di sotto di quelli a breve.

Ma questo si verifica proprio perché il mercato proietta  in questi casi un minor rischio sul lungo termine, visto che sul lungo termine è probabile che la crisi venga risolta.

Peraltro in questi casi, il lungo termine consente tassi minori, e quindi sostituire titoli a breve, o meglio, coprire le scadenze a breve con scadenze a più lungo termine, consente anche un risparmio di interessi.

Eurobond

E’ da tempo che si parla di eurobond. Si tratterebbe di tioli emessi a livello europeo, non da singoli emittenti statali.

Questa fonte finanziaria potrebbe andare al servizio anche del debito italiano, che non dovrebbe accollarsi il peso totale della loro emissione, elemento che potrebbe, quindi, sollevare non poco la finanza pubblica del nostro paese.

Una certa opposizione a tale ipotesi viene manifestata da paesi nordici e dalla Merkel, ma è probabile che in questa situazione la proposta riesca finalmente a passare.

Nuovo piano economico

Esistono in Italia molti cantieri con fondi già disponibili, parte riconducibili a risorse fornite dall’UE, ma fermi da prima del coronavirus, per formalità burocratiche.

Riaprire questi cantieri potrebbe portare ad un movimento economico di circa 150 miliardi che, per effetti moltiplicatori di questo tipo di strumento, potrebbero smuoverne a leva molti di più.

Per avviare questo piano economico, è necessario rimuovere lungaggini ed ostacoli burocratici, e questo può essere fatto derogando alla regole ordinarie e ricorrendo, ad esempio, a dei commissari ad hoc.

Ecco, quindi, che un piano di questo tipo potrebbe smuovere, con effetto moltiplicatore, notevoli risorse per rilanciare la nostra economia e generare quei flussi finanziari, che servono a sostenere le finanze pubbliche.

Inizialmente proposta del partito Italia viva, in questi giorni l’idea viene condivisa anche da altre componenti del governo.

Nel peggiore dei casi

L’Italia ha vissuto altri periodi di grave crisi.

In particolare la crisi della lira e dei titoli di Stato durante  il governo Amato e l’attacco speculativo  contro il governo  Berlusconi.

In entrambe le situazioni, guarda caso si agì sul fronte fiscale.

Nel primo caso introducendo una tassa una tantum sui conti correnti, nel secondo caso aumentando l’imposizione fiscale sui bolli relativi ai conti deposito, cioè quegli strumenti che costituiscono dossier dei titoli detenuti.

Probabilmente, se proprio dovessero intervenire provvedimenti sul fronte della finanza pubblica in senso restrittivo, si andrebbe in questa direzione, ma credo che anche questa sia una ipotesi remota.

Sopratutto per un motivo.

Sarebbe, ancora una volta, palesemente contraddittorio tentare di agevolare l’economia con provvedimenti di tipo espansivo, e voler al contempo introdurre misure di tipo restrittivo dal punto di vista economico.

Chiusura delle attività non necessarie: quale impatto su debito pubblico e titoli di Stato?

La curva dei rendimenti

Una conferma proviene dalla curva dei rendimenti, indicatore a mio avviso più attendibile dello spread, quale misura del rischio.

A parte un appiattimento sul tratto sino alla scadenza triennale, rispetto ad un mese fa osserviamo non solo una mancata inversione ma, anzi, un maggior irripidimento sul medesimo tratto e, nel momento in cui scrivo, un leggero rialzo delle quotazioni sul Btp future, mentre il Ftse Mib sta invece perdendo oltre il 4 per cento.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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