Che fine fanno i miei soldi se la banca fallisce? La risposta potrebbe non rendere felici i grandi investitori

Che fine fanno i miei soldi se la banca fallisce? La risposta potrebbe non rendere felici i grandi investitori

In tempi di profonda incertezza economica e finanziaria come quelli che affliggono i risparmiatori attuali, è importante conoscere tutte le soluzioni per mettere al riparo il proprio denaro. Ai timori generati dall’andamento incostante delle Borse mondiali, dall’aumento dell’inflazione e dal calo del tasso di occupazione giovanile, si aggiunge la paura legata a un eventuale fallimento della banca presso la quale sono depositati i propri soldi. Nel caso in cui dovesse verificarsi (evento remoto), prima di ripercussioni sui conti correnti dei clienti verrebbe attuato un apposito meccanismo di tutela. Ma cosa succede nello specifico e cosa si rischia davvero?

Quali sono le conseguenze del fallimento di una banca?

Chiedersi cosa succederebbe se fallisse la banca è assolutamente lecito, nonostante sia opportuno chiarire che si tratta di un’eventualità abbastanza remota, che si tenta in ogni modo di evitare. Per scongiurare quest’ipotesi, lo Stato innanzitutto metterebbe in campo una serie di strategie, come erogazione di prestiti e fornitura di garanzie.

Il fallimento di un istituto di credito, inoltre, è differente, dal punto di vista giuridico, dal fallimento delle imprese. Il fenomeno deriva essenzialmente da una mancanza di liquidità e, dunque, viene avviata una procedura nota come “liquidazione coatta amministrativa”. L’autorità amministrativa emette il provvedimento di liquidazione e nomina un commissario liquidatore e un comitato di sorveglianza, per tutelare gli interessi dei correntisti. La conseguente liquidazione degli attivi dell’istituto bancario permette di contenere al massimo i danni e di garantire i risparmi dei creditori.

Se fallisce la banca cosa succede ai soldi dei risparmiatori?

Prima della liquidazione coatta amministrativa, la banca deve sempre tentare soluzioni di salvataggio alternative. La strada intrapresa più frequentemente dagli istituti in crisi è quella che prevede un compromesso. Nella maggior parte dei casi, si provano fusioni con altre banche o accorpamenti oppure cessioni.

Qualora falliscano tutte le strategie preventive, scatterebbe il meccanismo del cosiddetto bail-in, un procedimento disciplinato dall’Unione Europea. Le regole del bail-in stabiliscono che varie personalità interne alla banca devono intervenire per contenere le perdite. In particolare, la responsabilità grava prima sui soci, poi sugli investitori che detengono obbligazioni o azioni e, solo in via residuale (se l’intervento di questi soggetti non dovesse essere sufficiente a contenere l’onere del fallimento), sui correntisti.

Attenzione, però, perché a essere coinvolti sarebbero soltanto i clienti che hanno un deposito superiore a 100.000 euro (200.000 euro se il conto è cointestato), ma esclusivamente nella misura massima dell’8% della somma detenuta. I piccoli risparmiatori, dunque, non subiscono perdite in caso di fallimento della propria banca, in virtù di una garanzia che assicura la restituzione dei soldi.