A 62 anni in pensione e con soli 20 anni di contributi con la disoccupazione INPS che passa dal lavoratore al datore di lavoro

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Andare in pensione a 62 anni senza le lunghe ed estenuanti carriere necessarie per la pensione dei quotisti.  Questa è l’aspirazione di tutti i lavoratori ed è anche uno degli obbiettivi prefissati dai sindacati. Infatti proprio le parti sociali hanno più volte richiesto al governo una misura flessibile che parte proprio dai 62 anni. La stessa età che per 3 anni ha riguardato la Quota 100, la misura che è stata in vigore dal 2019 al 2021. Ma ne esiste un’altra, molto di attualità adesso visto che chiama dentro anche il datore di lavoro. Una misura che permette di lasciare il lavoro a 62 anni di età con soli 20 anni di contributi.

A 62 anni in pensione e con soli 20 anni di contributi con la disoccupazione INPS che passa al datore di lavoro

Con il contratto di espansione, il lavoratore tramite i rappresentanti sindacali e il datore di lavoro possono accordarsi per i prepensionamenti. E l’età di uscita prevista è proprio quella dei 62 anni di età. Bastano anche 20 anni di contributi versati. In pratica il lavoratore può accedere ad una sorta di pensione anticipata non appena entra nel perimetro dei -5 anni dalla quiescenza. L’anticipo vale sia per la pensione di vecchiaia che per quella anticipata.

Infatti oltre che con la combinazione 62+20 la possibilità di prepensionamento può scattare anche con 37 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 36 anni e 10 mesi di contributi per le donne. In ogni caso, senza alcun limite anagrafico. I limiti per le pensioni ordinarie sono sempre gli stessi. Servono 67 anni di età e 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia ordinaria e 42,10 anni di contributi (un anno in meno per le donne), per le pensioni anticipate ordinarie.

Come passa la NASPI dal lavoratore al datore di lavoro

La pensione erogata dall’INPS al lavoratore, sarebbe  pari a quella maturata fino alla data del prepensionamento. La misura verrebbe finanziata dal datore di lavoro, che si accollerebbe l’onere dell’assegno di prepensionamento. L’INPS fungerebbe solo da tramite, cioè da soggetto che paga mensilmente l’assegno come per qualsiasi altra pensione. Sul datore di lavoro anche l’onere di versare i contributi mancanti nei 5 anni di anticipo, ma solo per chi esce prima rispetto alle pensioni anticipate ordinarie. Nessun versamento contributivo infatti si applica per chi anticipa di 5 anni l’uscita rispetto alla pensione a 67 anni di età.

Oltre ai vantaggi di sfoltimento dell’organico (ogni 3 prepensionati obbligatorio assumere 1 nuovo addetto), per il datore di lavoro, un altro considerevole aiuto. Infatti per i primi due anni di prepensionamento l’INPS consentirà all’azienda di scontare fino a due anni di NASPI teoricamente spettante al lavoratore. In caso di perdita involontaria del lavoro, l’INPS liquida ai lavoratori che ne fanno richiesta, un assegno di disoccupazione mensile. In questo caso, il corrispettivo che l’INPS avrebbe dovuto garantire al lavoratore fino ad un massimo di 24 mesi, viene riversato all’azienda. Una parziale partecipazione alle spese che l’azienda deve sostenere per l’assegno di prepensionamento. Un netto vantaggio per i prepensionamenti che riguardano lavoratori a soli due anni dai 67 anni, per i quali l’azienda coprirebbe con i due anni di NASPI quasi tutto l’esborso dello strumento.

Approfondimento

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