Il dollaro ha definitivamente perso la sua egemonia? Nell’ultimo mese, il biglietto verde appare decisamente meno solido e il dato preoccupa notevolmente gli analisti, visto che si tratta della valuta di riferimento dei principali titoli del debito americano, del debito privato mondiale, delle materie prime più importanti (come il petrolio), dei derivati e di gran parte dei contratti commerciali internazionali.
Lo scorso 14 aprile, il dollaro è crollato nei confronti del franco svizzero (considerato un bene rifugio), registrando il valore minimo degli ultimi 10 anni e quello più basso degli ultimi 3 anni nei confronti dell’euro.
Intanto, la temutissima guerra commerciale tra USA e Cina sembrerebbe smussarsi lentamente, grazie ai primi tentativi di dialogo. Secondo le prime indiscrezioni, alcuni funzionari statunitensi avrebbero comunicato alla Cina la volontà di intessere colloqui commerciali, nonostante al momento non ci siano negoziati in corso. Quest’apertura sembrerebbe aver accresciuto le valute asiatiche.
Rialzo delle valute asiatiche in poche ore: la ripresa è vicina?
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Rialzo delle valute asiatiche in poche ore: la ripresa è vicina?
Lo yuan cinese ha registrato segnali di rafforzamento nei mercati offshore, mentre lo yen giapponese è risultato penalizzato dai possibili rumors su un aumento dei tassi di interesse nel corso dell’anno. Tra le performance migliori, spicca il dollaro taiwanese, che ha giovato dalle voci di un miglioramento dei rapporti tra Asia e USA, visto che Taiwan ha una larga esposizione sul mercato americano, soprattutto su quello tecnologico.
Che la guerra commerciale non giovasse a entrambi i mercati era ben evidente e a risentirne particolarmente sembrerebbe il dollaro americano, il cui indice è sceso di circa lo 0,2% nelle ultime contrattazioni asiatiche. Ma quali sono i possibili risvolti della vicenda?
Le ragioni della crisi del dollaro: come reagiranno gli investitori?

Le ragioni della crisi del dollaro: come reagiranno gli investitori?
Contrariamente a quanto si possa pensare, la crisi non è rinvenibile esclusivamente nell’imposizione dei dazi da parte di Donald Trump e la conseguente avversione al rischio generata negli investitori. Il problema di fondo del dollaro è la mancanza di fiducia e la preoccupazione che possa esserci un’improvvisa impennata dell’inflazione e del tasso di disoccupazione.
Allo stesso tempo, gli americani non sono più spinti verso i Treasury (i titoli di Stato USA) e gli investitori mondiali stanno destinando i propri risparmi verso i prodotti finanziari europei. A tutto ciò si aggiunge la politica monetaria della Federal Reserve e le aspettative dei traders sui futuri tagli dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Americana.
In conclusione, nonostante gli analisti si aspettassero un rafforzamento del dollaro dall’imposizione dei dazi (grazie a un incremento dei flussi di capitale negli Stati Uniti d’America), la situazione che si è creata è decisamente differente. Gli investitori stanno respingendo il dollaro per il rischio di recessione negli USA, tant’è vero che il biglietto verde non ha goduto neanche del rally delle Borse in seguito all’annuncio della sospensione dei dazi per 90 giorni.
I risparmiatori che sono alla ricerca di prodotti sicuri e protetti, dunque, si stanno dirigendo verso altre valute, come CHF, EUR e JPY come rifugi sicuri, in attesa che la politica commerciale di Donald Trump diventi più trasparente e smetta di nascondersi dietro ad annunci e slogan improvvisi.