Commento settimanale del vecchio Grim. Macro/micro Usa: strong conviction, sell in may lo usd and go away.
31/12/2025 (e): usd a 1.30 contro eur; S&P 500 a 6500; 2 yr al 3% ; 10 yrs al 4.50%. Probabilmente finirà così, in linea con lo scenario che ha sempre delineato Zervos (strategist Jeffrey) che nella sostanza distingue il noise corrente, incluse le bizzarre sortite del Papa Trump, e individua nella duplice soluzione all’insostenibile debito pubblico e alla forza del dollaro, a suo dire “manipolata”, la conditio sine qua non per un rinnovato riequilibrio macro Usa. Un riequilibrio che per Zervos non ha mai messo in discussione né l’exceptionalism Usa né lo stato di valuta di riserva dello Usd. Gli fa eco Goldman che sostiene che lo usd on a weighted trade basis sia sopravvalutato del 16%. Lo stesso Prof Jeremy indica nella debolezza dello usd l’elemento che corroborerà l’eccezionalismo Usa, peraltro mai messo in discussione.
Suggerimenti per gli investitori in vista dei prossimi 6 mesi
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Al momento, diversificare internationally, per gli asset manager Usa, diventa un must col lo usd in downtrend; in primis equity europeo, per di più relativamente più cheap rispetto ai circa 21 di p/e S&p 500, con un eps growth che rispetto al + 11% (e) 25 di inizio annuo è stato rivisto al ribasso.
Egli prende atto di un Trump che si avvia a più miti consigli nella trattativa sui dazi, della resilienza ai dazi, anche in prospettiva, che si è evinta dai soddisfacenti Q1 delle M7 . In un contesto di lungo termine positivo per macro/micro Usa, che va oltre i 3.5 anni rimanenti di amministrazione Trump, Jeremy peraltro reputa che per i prossimi 6 mesi gli odds recessivi siano aumentati, nell’ ambito di una incertezza di fondo. In sintesi, sembra commentare quanto accaduto in settimana diversamente da Zervos che reitera da inizio anno il suo positivo pensiero di fondo, a prescindere dalle montagne russe dei mercati equity/bonds delle ultime settimane.
Una settimana che con i positivi Q1 degli M7, manca solo Nvidia, un NFP better than, negoziazioni sui dazi on going, cui dovrebbe a breve aggiungersi la Cina, ha visto l’equity Usa riportarsi sul max superiore di un ipotetico trading range largo di breve 4800/5700 , con il 2 yrs Usa e 10 yrs che finiscono la settimana rispettivamente al 3.80% e al 4.30%.
- Un mercato che probabilmente ancora per qualche settimana potrebbe essere condizionato positivamente da ” technicals”: a 4800 di S&P, cui si è aggiunta l’atipica debolezza dello usd e dei prezzi govies, si è raggiunto un estremo negativo di positioning, simile allo shock da covid.
Ripetendomi, come in ogni shock, stanno ora godendo/prendendo profitto i venditori di vix a 60 circa e compratori di equity nella fase di shock. In genere, chi compra sullo shock dopo 1 anno fa quattrini, nell’atipicità di questo shock Trumpiano da offerta / liberation day, non mi sarei aspettato una ricomposizione così breve dello stesso.
Si sa, peraltro, che ogni shock è diverso dall’ altro
Dopo il primo trimestre in cui la negatività -0.30 % di crescita del gdp usa mi sembra condizionato da one off ovvero “Tariffed”, come lo ha definito Yardeni , è probabile che il prossimo trimestre veda un’inflazione sopra il 3%, un gdp in recupero, per poi approdare ad un terzo trimestre in cui l’inflazione receda, lasciando il posto ad un deterioramento del gdp. Il Doge, ancora più dei dazi, continuerà nel taglio della spesa pubblica e sarà determinante in tal senso.
Lo stesso Yardeni evidenzia che quando il rapporto hard data consumer/soft data consumer tocca i massimi, come mostrano i dati correnti, storicamente la recessione è molto probabile; dissento perché se dovesse rientrare, come penso, lo shock da dazi sarebbe misleading.
In tale contesto la Fed, con o senza improprie invettive di Trump, a giugno dovrebbe iniziare il taglio tassi / incremento q/e Fed , agendo sui 2 tavoli, accentuando la svalutazione dello usd, per quanto tecnicamente a breve non escludo un ulteriore recupero in area 1.10/1.11 contro euro.
Una sequenza, ormai di consenso, che mi sembra condivisibile, con accordi sui dazi che dovrebbero mediamente incidere per un costo di circa il 10%. Nei prossimi 6 mesi è prevedibile un più stretto trading range equity usa, più buoyant rispetto a quello che ho indicato le settimane scorse, di 5200/5700 dell’S&P, a seconda delle headlines.
Reitero il buy convinto di 2 yrs future usa, short usd.
Gli obiettivi da qui a fine anno di Trump
La priorità per l’ amministrazione Trump nei prossimi 6 mesi sarà quella di riuscire a collocare un ammontare ingente di circa 1 tr usd di titoli di stato, ammontare nettamente superiore a quanto previsto da Bessent a metà febbraio, anche per ristorare un conto di Tesoreria che ormai langue.
Rimarcando quanto asserivo la scorsa settimana è possibile che la Fed già nella prossima seduta consenta alle banche Usa l’ acquisto di titoli di stato usa per alleviare l’overhang di cui in precedenza.
Appare evidente che le invettive di Trump verso Powell per una celere riduzione dei tassi derivino dal disperato bisogno di fermare entro il 2026 la cifra altrettanto ingente di circa 1 tr di spesa per interesse, che addirittura supererebbe il costo del medicare. A ciò si aggiunga l’altrettanta esigenza di collocare 1 tr circa di bond usa nei prossimi 6 mesi a tassi calanti.
L’impresa sulla carta è fattibile aiutata da uno usd più debole che oltre a riequilibrare il deficit commerciale eviterebbe una recessione da utili e non solo, con un’inflazione che col il prezzo del petrolio in picchiata, non aumenterebbe più di tanto, nonostante i dazi.
Solo successivamente, entro fine anno si passerebbe quanto meno a rifinanziare il tax brake in scadenza, grazie a tassi calanti e ai circa 100/150 bln usd per introiti da dazi. Intanto si spera che la deregulation, on the positive side, rianimi i sopiti spiriti animali imprenditoriali, per l’incertezza da dazi. E’ pleonastico asserire che una recessione impallinerebbe il 3×3 di Bessent, attestando la disfatta di Trump.
Ripeto, il percorso a 6 mesi è a curve ma, a mio avviso, gestibile.
Superate le curve si torna in velocità sul rettilineo per ripartire in buy, anche per un investitore europeo, sia su equity usa sia sugli stessi bond a 10 anni, a un ipotetico tasso a 4.50%, e uno usd a 1.30 contro euro.
To buy or not tu buy?
Intanto a breve operativamente venderei equity usa sopra 5700 di s&p 500; per contro, non escludo una selettività trasversale per settori /stockpicking; ad esempio venderei apple, comprerei meta e microsoft , taiwan semi , nvidia , tra i tech , comprerei nucor tra gli steel , comprerei cnh, venderei staples comprerei biotech, comprerei small cap / regional banks / homebuilders.
In detto scenario, in relative terms meglio equity Europa, Cina e lo stesso Giappone.
Circa la negoziazione dazi con la Cina, prevedo come per gli altri possibili deal da dazi, un esito positivo. Diversamente sia per Usa che per Cina sarebbe un lose to lose game.
Per quanto lo shock da domanda per dazi ( Cina) sarebbe stato più gestibile rispetto allo shock d’offerta Usa, nell’attuale contingenza, la Cina è già in una sua situazione precaria, per i noti motivi, proprio per una crisi di consumer confidence / carenza di domanda, eccesso di savings, deflazione; aggiungere a ciò un ulteriore shock da domanda sarebbe esiziale, come versare “l’acqua bollente sul cotto” .
Per finire il Papa Trump, qualcosa di positivo finora l’ha portato a casa per gli Usa, almeno nella politica estera. Avrebbe evitato una degenerazione della guerra in medio oriente, ovvero il confronto finale Israele / Iran , con conseguenze negative in termini di incremento del prezzo del petrolio, e quindi dell’inflazione.
In Ucraina, pur continuando la guerra, sembrerebbe che questa prosegua fino a quando 1/3 dell’ Ucraina sia definitivamente conquistata dai Russi, atteso che la Crimea resti Russa. L’altro 2/3 dell’ Ucraina, con l’accordo recente delle terre rare, oltre al guadagno economico per gli Usa, pone per default detto territorio sotto una sorta di sostanziale se non formale controllo Usa.
Finisce quindi la guerra per interposta persona voluta da Biden, con le posizioni Russe e Americane che si allineano su 1/3 dei territori Ucraini ai Russi e 2/3 in sharing nella sostanza tra Americani e Ucraini. Il costituendo fondo per la ricostruzione tra Ucraina e Usa corrobora quanto predetto.
Se gli Ucraini vogliono continuare a difendersi dai Russi , che non è più la guerra degli Americani contro i Russi, dovranno pagare le armi ai primi richieste. Se per gli Usa la guerra per interposta persona contro i Russi sarebbe finita, da che parte sta l’Europa?
Latita come sempre, anche perché una parte sarebbe con gli Usa e un’ altra parte continuerebbe la guerra per interposta persona, almeno a parole.
Bwe