Il popolo italiano è sempre più affamato, ma c’è chi guarda a questo fenomeno e suggerisce la soluzione: “non hanno il pane, istruzione e sanità pubblica? Diamogli la competitività dei proiettili“.
Risulta sempre più evidente la volontà politica di un Paese come l’Italia, o meglio di un’Europa che la impone, di proseguire verso progetti di “competitività” che mal si coniugano con i reali bisogni dei cittadini. Guardando ai Mercati, che sono il riflesso della società (o forse sarebbe meglio dire i burattinai della stessa) si realizza immediatamente quale sarà il futuro prossimo venturo.
Leonardo vola in Borsa, Meloni è patriota, la guerra è un gran bell’affare
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Gli azionisti di Leonardo si staranno sfregando le mani. La società ha presentato i risultati trimestrali, superando le più rosee aspettative.
Nei primi tre mesi del 2025, Leonardo ha raggiunto i 6,9 miliardi di ordini, con un +19,7% rispetto all’anno precedente; i ricavi sono cresciuti del 13,5% arrivando a 4,2 miliardi; l’EBITA si attesta a 211 milioni, segnando un +12,2%; indebitamento del gruppo scende del 27,5%. In una nota diffusa dall’Ad Roberto Cingolani, si legge la volontà di proseguire “nell’esecuzione del Piano Industriale. I risultati del primo trimestre e la revisione al rialzo sul rating, da parte di Standard&Poor’s e sull’outlook, da parte di Moody’s, sono una ulteriore conferma dell’apprezzamento delle iniziative intraprese e delle prospettive. Confermiamo quindi la Guidance 2025 e gli obiettivi di medio lungo periodo”.
In questa prima parte dell’anno, Leonardo ha siglato accordi strategici per implementare la produzione di veicoli militari da combattimento. L’incremento degli ordini, da record, riguarda soprattutto elicotteri (+15,6%) elettronica per la Difesa (+11,1%) velivoli (+47,7%) e, con cifra doppia, il comparto divisione aerostrutture, con impegni per 193 milioni di euro.
Contemporaneamente, Giorgia Meloni si dice “patriota” e annuncia con orgoglio che siccome “la libertà ha un prezzo” – affermazione di una potenza sconcertante – l’Italia si impegnerà a raggiungere il target del 2% del PIL per la Difesa. A discapito, conseguentemente, di risorse che dovrebbero essere destinate alla sanità Pubblica, a Welfare, al Lavoro, alla Cultura e all’Educazione.
Gli italiani ormai non fanno neanche più la spesa, i dati impietosi dell’ISTAT
Di contro a uno scenario decantato entusiasticamente sulla necessità (?) di “rafforzare le proprie capacità difensive per rispondere alle responsabilità cui sono chiamate anche in ambito Nato” c’è un’altra realtà, quella che viene ignorata non solo dall’attuale Premier ma da troppo tempo dai numerosi altri Governi che l’hanno preceduta: il popolo è sempre più povero.
“Non si salva nessuno” ha gridato il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato Stefano Patuanelli, seguito da altri annunci allarmanti. Dagli ultimi dati ISTAT si evince che:
- a marzo 2025, le vendite al dettaglio sono scese del 4,2% (-2,8% rispetto all’anno precedente); -0,5% rispetto a febbraio;
- la spesa per l’acquisto di beni alimentari è scesa del 6,7%;
- -2,1% su altri beni e prodotti;
- Il settore libri, giornali e riviste segna un -4,5%;
- calzature e abbigliamento -4,5%; articoli da viaggio -4,2%;
- la GDO segna un -2,6% di incassi;
- nei negozi va peggio: -3,1%; stesso trend negativo per gli articoli di elettronica di consumo;
- sale solamente la spesa per i prodotti del comparto cura della persona (+1,8% e medicinali, +0,6%).
Il potere d’acquisto delle famiglie scende al 10%, percentuale che stride con gli annunci su un’inflazione stabile, sull’aumento degli stipendi e dell’occupazione.
I prossimi passi della Commissione europea andranno a incidere su più fronti: la prosecuzione degli aiuti “incondizionati” a Kiev; lo stop definitivo dell’importazione di gas russo dal 2027 (stop ai nuovi contratti già da quest’anno); stop alle importazioni anche di petrolio e uranio. Al momento, solamente Ungheria e Slovacchia hanno ricordato che un’eventualità del genere “peggiorerà ulteriormente la competitività dell’industria europea e avrà un impatto negativo sui prezzi dell’energia per le famiglie“. Un’altra voce che sembra destinata a rimanere inascoltata.
Eppure le soluzioni ci sarebbero (teoria keynesiana, dice qualcosa?)
La vera domanda, in tutto questo, è: qual è lo scopo ultimo di dette decisione politiche? Perché se la Ue, se ogni paese europeo volessero trovare soluzioni alle numerose problematiche economiche e sociali, di mezzi ne avrebbero eccome. Forse la voce più inascoltata di tutta l’umanità dell’epoca industriale è quella di John Maynard Keynes, il noto economista “padre” della macroeconomia. I suoi insegnamenti hanno fatto eco fin dai primi del ‘900, e i Governi (come quello di Roosvelt del ’32) che hanno adottato l’approccio suggerito hanno vissuto epoche economicamente floride.
I fondamenti keynesiani possono essere racchiusi in poche e semplici indicazioni, ma che sono in grado di superare anche le crisi più drastiche.
- Il capitalismo va regolamentato tramite intervento dello Stato, che come scopo deve avere quello del controllo della produzione/domanda e occupazione; il compito dello Stato, in sintesi, è quello di mettere i cittadini/consumatori nelle condizioni ottimali per comprare/vendere e alimentare l’economia interna ed esterna;
- lo Stato deve aumentare la spesa pubblica, anche a costo di far crescere il debito in modo esponenziale, per garantire i servizi essenziali ai cittadini, ma anche per sostenere gli investimenti delle aziende e non da ultimo fornire ai poveri e ai disoccupati i sussidi adeguati in modo che possano vivere una vita dignitosa; (oggi si è scelto di farlo, ma per alimentare solamente l’industria bellica);
- tramite la svalutazione della moneta (oggi non più possibile) si aiutano le aziende a esportare e a non chiudere licenziando i lavoratori, in un percorso volto a far riprendere l’economia.
Il modello keynesiano, sopra citato in maniera molto sintetica ovviamente, sarebbe dunque ancora in grado di offrire ampi spunti ai Governi, che avrebbero così la possibilità di contrastare l’attuale crisi globale, e persino di prevenirne altre. Ma…