Governo fra nodo Atlantia e prescrizione

governo conte

Tempi non facili per il governo. Non solo coronavirus, ma anche prescrizione, agenda politica e conti pubblici potrebbero porre non poche difficoltà al governo Conte.

Tra i dossier più complicati quello sulla eventuale revoca della concessione autostradale ad Atlantia.

Il nodo Atalantia

Come noto, la società si occupa di infrastrutture nell’ambito dei trasporti, ed è stata interessata dalla questione del crollo del ponte Morandi.

Di qui l’ipotesi, avanzata soprattutto dal movimento 5 stelle, di una revoca della concessione autostradale.

Ma quali aspetti presenta tale questione?

Apparentemente la problematica parrebbe semplice, almeno nella narrazione dei sostenitori della revoca.

La società sarebbe responsabile della mala gestio dell’infrastruttura, da cui la tragedia del Morandi, e la revoca sarebbe la conseguenza più ovvia.

Pare invece che il dossier si articoli in una pluralità di aspetti ben più articolati e complessi, che possiamo sintetizzare nei seguenti capitoli:

  • Aspetti giuridici: dubbi sulla liceità del provvedimento ed eventuale risarcimento
  • Restituzione di tutte le concessioni
  • Declassamento asset obbligazionari e problemi con la BCE
  • Inadempienze contrattuali ed incremento del debito pubblico.

Come notiamo, la questione non è riconducibile solo all’estrema semplificazione formulata da alcuni organi di stampa e da alcuni partiti. La stessa ministra dei trasporti e delle infrastrutture, Paola De Micheli, ha ammesso che è divisiva all’interno del suo stesso partito.

Ma procediamo, come di consueto, con ordine, e vediamo come stanno le cose.

  • Aspetti giuridici: dubbi sulla liceità del provvedimento ed eventuale risarcimento

Non è scontato che una revoca della concessione sia legittima.

Probabilmente lo sarebbe solo nel caso in cui si accerti, preliminarmente, ed in sede giudiziaria, una responsabilità della società.

Peccato che i processi, soprattutto in Italia, non si concludano celermente, e quindi potrebbe capitare che una revoca sia poi seguita, anche a distanza di molti anni, da una sentenza definitiva che eventualmente potrebbe anche non contemplare una dichiarazione di responsabilità.

Tale evenienza comporta almeno due ordini di problemi.

Intanto, se si adotta un provvedimento come la revoca, in assenza di una sentenza definitiva, si infligge un ulteriore vulnus ai principi dello stato di diritto, in quanto, in assenza di espressa previsione normativa, si affermerebbe il principio che anche solo la valutazione unilaterale dell’ente concedente consentirebbe di mandare all’aria contratti in essere.

Con tutto quello che ne conseguirebbe in termini di immagine di affidabilità dei rapporti giuridici in Italia.

Ma occorre considerare anche un altro aspetto.

Se la revoca della concessione fosse poi seguita da una sentenza di tipo assolutorio, la società potrebbe legittimamente domandare un rilevante risarcimento dei danni allo stato e del governo, con conseguente aggravio delle finanze pubbliche.

  • Restituzione di tutte le concessioni

La società ha già preannunciato che in caso di revoca della concessione autostradale probabilmente restituirebbe anche le rimanenti concessioni, con un bel po’ di conseguenti problemi economici e gestionali per il complesso delle infrastrutture interessate.

  • Declassamento asset obbligazionari e problemi con la BCE

Uno dei principali problemi di tipo economico conseguenti alla revoca, sarebbe l’evidente modifica dei futuri flussi di cassa, ed un conseguente peggioramento della sostenibilità del debito societario, con inevitabili riflessi sulla componente obbligazionaria.

Già sono intervenuti alcuni declassamenti delle obbligazioni da parte di società di rating, ma secondo alcune stime più recenti, si arriverebbe ad un possibile inadempimento per circa 16 miliardi.

Intanto occorrerebbe quindi vedere chi dovrebbe accollarsi le inadempienze finanziarie della società.

Ancora una volta lo stato con conseguente aggravio del debito pubblico?

Ma, come non bastasse, la situazione rischia di destabilizzare una serie di enti e società.

Intanto tutti quelli che hanno investito nella società, e che non possono detenere titoli sotto l’investment grade, perché i titoli obbligazionari emessi dalla società probabilmente, in caso di revoca, sarebbero ulteriormente declassati sino alla classificazione di junk bond.

Ma anche la BCE.

Infatti la banca centrale europea non può acquistare titoli al di sotto dell’investment grade.

Una volta acquistati, un eventuale declassamento non comporta l’obbligo di venderli per la BCE, ma detenerli in portafoglio non agevola certo la solidità patrimoniale.

  • Governo e conseguente incremento del debito pubblico?

In base a quanto sopra analizzato emerge chiaramente che diverse sarebbero le conseguenze sul fronte economico/finanziario.

Probabilmente di tutte queste conseguenze si dovrebbe far carico l’esecutivo, comprese quelle relative alla conseguente disoccupazione legata a mancati sviluppi delle attività societarie, sia della società, che dell’indotto, e non è un caso che il ministro Gualtieri veda con preoccupazione una tale prospettiva.

In termini di analisi fondamentale, occorre notare che il titolo è sottovalutato di circa il 9 per cento, ma probabilmente, in caso di revisione al ribasso dei flussi finanziari a seguito di revoca della concessione, le quotazioni sarebbero sul fair value, o anche in sopravvalutazione.

La situazione tecnica è caratterizzata da una serie di continue oscillazioni di medio/lungo, che esprimono la sostanziale incertezza di fondo sui destini della società.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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