Gli esclusi dalle pensioni flessibili e perché

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Anche se appare sempre più probabile che il Governo intervenga sulle pensioni producendo solo le proroghe delle tre misure che stanno per scadere il 31 dicembre del 2022, c’è una misura che ne potrebbe sostituire un’altra. Infatti confermare la Quota 102 o passare alla Quota 100 flessibile, potrebbe non fare tanta differenza. E della Quota 100 flessibile si parla da tanti giorni. Naturalmente si tratta di due misure completamente diverse tra loro, con la seconda che appare molto più vasta come platea di potenziali beneficiari. Ma anche se si tratta di una misura che nella sua larghezza sembra vasta, taglia fuori diversi soggetti.

Ecco gli esclusi dalle pensioni flessibili nel 2023

Come al solito ogni qualvolta in una misura previdenziale vengono imposte delle soglie minime da completare, siano esse soglie anagrafiche o contributive, gli esclusi sono sempre tanti. È successo per la Quota 100 nel triennio 2019/2021. Introducendo 62 anni come soglia minima anagrafica e 38 anni come contribuzione, le combinazioni possibili divennero solo quelle in avanti con gli anni. Ed è stato così pure per la Quota 102, solo che l’età salì di due anni passando da 62 a 64 anni. Esclusi da tutte queste misure quelli che pur raggiungendo la Quota prestabilita, non avevano per esempio 64 anni di età. Niente quota 102 per esempio, per chi a 63 anni aveva 38 anni di contributi, 39 o 40. Ecco gli esclusi dalle pensioni flessibili per via delle regole stringenti imposte anche a misure di pensionamento anticipato. E succederà lo stesso con la Quota 100, anche se flessibile.

Ecco chi a 61 anni potrà andare in pensione

La nuova misura di cui si parla da giorni avrebbe due soglie minime comunque. Sarebbe però più elastica come struttura, aprendo a maggiori possibilità. E dando più spessore alla Quota in quanto tale. Ma per chi ha “solo” 60 anni di età, anche 40 o 41 anni di contributi non basterebbero. Allo stesso modo, non servirebbero 66 anni di età per uscire dal lavoro per chi non arriva a 35 anni di versamenti. L’esempio da fare è quello della bilancia. In un piatto l’età e nell’altro i contributi. Il perfetto equilibrio si raggiunge a 100. Per pareggiare la soglia di equilibrio, a 61 anni nell’altro piatto non possono esserci meno di 39 anni di contributi. Così come se da una parte ci sono 35 anni di contribuzione versata, non si potranno che aggiungere 65 anni di età o di più.

Nulla da fare per i nati nel 1962

Per i nati nel 1962 o successivi, nulla da fare. Per loro niente pensione anticipata nemmeno con 40, 41 o 42 anni di contribuzione. Sono i soggetti che più di altri gradirebbero l’introduzione di una Quota 41 per tutti o di una misura senza alcun limite anagrafico. Allo stato attuale delle cose, anche con le misure che si intende confermare, gli esclusi sarebbero forse superiori agli inclusi. A maggior ragione se si tratta di misure che ad età e contributi aggiungono altri requisiti. Per esempio un nato nel 1959, anche se raggiunge 20 anni di contributi, non entrerebbe nella pensione anticipata contributiva. E sono due le motivazioni principali. Se non si raggiunge una pensione pari a 2,8 volte l’assegno sociale (1.311 euro circa al mese) per esempio. Oppure, anche raggiungendo questo limite, ma avendo iniziato a lavorare prima del 1996.

Tante le limitazioni per le pensioni

Per un nato nel 1960 non basterà raggiungere 30 anni di contributi se per esempio, è diventato caregivers di un parente disabile da meno di 6 mesi. Oppure non basteranno 32 anni ad un edile se tale attività non è stata svolta in 7 degli ultimi 10 anni o in 6 degli ultimi 7. Sono i vincoli imposti dall’APE sociale, misura che potrebbe restare attiva un altro anno con la scadenza che slitterebbe dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023. Chi invece non completa i 35 anni di contribuzione effettiva, non può avere accesso alla pensione anticipata e nemmeno alla Quota 41. A poco servirà avere 42 anni e 10 mesi di contributi versati.

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