Giro d’affari di miliardi per chi rilancia il “Made in Italy”: ecco come si fa

Made in Italy

L’Italia spesso martorita da alcune critiche ma rappresenta un vero marchio di successo. apprezzato in ogni parte del globo  dove fa sempre la differenza.

Dal tricolore alla scritta anglofona “made in Italy” o alla sua gemella italiana “100% italiano”. Tutti chiari riferimenti all’origine dei prodotti in grado di fare la differenza nella fase due della ripresa. Secondo un’indagine dell’ “Osservatorio Immagino GS1 Italy”, se nell’etichetta si  fa   esplicito riferimento all’italianità del prodotto, l’aumento delle vendite schizza in alto. C’è un giro d’affari di miliardi per chi rilancia il “Made in Italy” .

Etichette e ripercussioni sulle percentuali di vendita

Andando più nello specifico, occhio dunque a quali tipi di etichette scegliere per contraddistinguere i prodotti. Sembra infatti che la semplice evidenziazione dell’origine italiana delle merci, tramite il ricorso alla bandiera tricolore, comporti già di per sé un aumento delle vendite dello 0,4 – 0,7 %. Se poi si opta per la più esplicita dicitura “100% italiano”, il balzo in alto può essere del 3,5%.

Chi è disposto a pagare per mangiare il “Made in Italy”

Secondo  Coldiretti,  l’80% degli italiani sarebbe disposto a  sborsare fino al 20% in più, per mangiare prodotti “Made in Italy”.

Giro d’affari di miliardi per chi rilancia il “Made in Italy”: ecco come si fa

Se poi il richiamo all’italianità si coniuga alla grande distribuzione su scala mondiale, il giro d’affari cresce. Il “made in Italy” infatti non solo è molto apprezzato anche nei mercati esteri, ma è anche un emblema essenziale, in grado di agevolare gli scambi commerciali, in quanto funge da biglietto da visita per l’export.

Non si dimentichi poi il fenomeno, in continua crescita, che va sotto il nome di “comunità virtuale del mangiare italiano nel mondo”. Una sorta di “riserva naturale” di individui che anche nel post crisi da coronavirus, saranno i fautori di un fenomeno in graduale ascesa, noto come “glocalismo” .

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