A chi l’INPS sta chiedendo soldi indietro o sta tagliando la pensione

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Stanno arrivando a casa dei pensionati delle lettere che minano la loro tranquillità. Infatti ci sono comunicazioni da parte dell’INPS con cui l’Istituto avvisa gli interessati che se non adempiono rischiano la sospensione della prestazione. Delle segnalazioni mettono in evidenza casi di comunicazioni dell’INPS con richieste di pagamento delle somme che secondo l’Istituto un pensionato avrebbe percepito in più. In questo caso con la comunicazione arriva anche il bollettino con cui pagare ciò che il pensionato, secondo l’INPS, avrebbe incassato in più. In altri casi invece c’è l’avviso che dal mese successivo inizieranno le decurtazioni delle pensioni, perché le cifre erroneamente corrisposte verranno recuperate dall’Istituto mese per mese con trattenute sui ratei. Ma il pensionato può difendersi, sia con operazioni preventive che con operazioni successive a questo genere di comunicazione.

Le comunicazioni dell’INPS ed il caso del 2018

In queste settimane molti pensionati italiani stanno ricevendo missive da parte dell’INPS. Il riferimento delle lettere riguarda le comunicazioni obbligatorie a cui il pensionato è tenuto annualmente. Ecco a chi l’INPS sta chiedendo soldi indietro o sta minacciando la sospensione delle prestazioni. Si tratta in genere di pensionati con assegni integrati al trattamento minimo. Infatti pochi sanno che chiunque percepisce una pensione che per contribuzione versata non arriva alla soglia del trattamento minimo, deve comunicare i redditi annualmente. Un adempimento obbligatorio per chi non è tenuto a presentare le dichiarazioni dei redditi. E statistiche alla mano, la stragrande maggioranza di pensionati con assegni al di sotto del trattamento minimo, non presentano le dichiarazioni dei redditi. L’anno che maggiormente è interessato da queste lettere è l’anno 2018.

Ecco a chi l’INPS sta chiedendo soldi indietro e perché

Senza la comunicazione dei redditi che in genere va fatta nei mesi di febbraio e marzo del secondo anno successivo a quello di fruizione della pensione (Campagna RED, ndr), il problema è davvero serio. L’INPS infatti non può verificare se per condizioni reddituali il pensionato ha ancora diritto alle integrazioni al minimo o alle maggiorazioni sociali. E non potendo effettuare questi calcoli l’Istituto provvede a considerare il pensionato immediatamente come non più meritevole di queste prestazioni. Levandole di fatto dalla pensione futura. Ma anche chiedendo indietro tutti i soldi in più versati con le pensioni nei mesi precedenti.

Molte le pensioni che non vanno indicate nei 730 o nel modello Redditi PF

Il caso è più complicato del solito, anche perché ci sono titolari di prestazioni INPS, soprattutto quelle assistenziali, che non sono tenuti, se non hanno altri redditi, a presentare le comunicazioni reddituali al Fisco, e senza correre rischi. L’Agenzia delle Entrate non può inviare cartelle esattoriali a soggetti che non sono tenuti alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi. È il caso del titolare di assegno sociale per esempio.

Oppure di chi prende pensioni di invalidità o trattamenti legati alla disabilità. Ma se l’Agenzia delle Entrate non pretende dichiarazioni da questi soggetti, così non fa l’INPS. Infatti per i redditi anche il titolare dell’assegno sociale deve produrre il modello RED. Per gli invalidi invece questi sono tenuti a presentare il modello INV-CIV. Le prestazioni per invalidi, come l’assegno di accompagnamento, non sono assoggettate ad IRPEF, ma sono fruibili a condizione che il beneficiario in quanto invalido, sia di stanza a casa propria. Nel momento in cui viene ricoverato presso strutture sanitarie o case di riposo collegate al SSN (Servizio Sanitario Nazionale), le prestazioni economiche legate all’invalidità andrebbero sospese. Solo una volta usciti dalla casa di cura gli interessati tornano beneficiari di queste prestazioni.

Non sempre il pensionato deve pagare l’INPS

L’INPS sta chiedendo indietro soldi di mensilità di prestazioni assistenziali che i titolari hanno percepito lo stesso pur essendo di fatto ricoverati a carico dello Stato. La carenza dell’invio del modello INV-CIV è determinante. Ma a volte è l’Istituto a sbagliare. Infatti le somme erroneamente percepite dal pensionato, non sempre vanno restituite. In assenza degli adempimenti da parte del pensionato o del titolare di una prestazione, è naturale che le richieste dell’INPS sono legittime. Diverso il caso se l’errore è riconducibile all’INPS stesso.

Può capitare infatti che le lettere di restituzione delle somme in più erogate ad un pensionato, riguardino soggetti che hanno presentato le dichiarazioni reddituali. In questo caso l’errore lo ha commesso l’INPS non interrogando la banca dati dell’Agenzia delle Entrate. E si può impugnare la richiesta dell’INPS, arrivando ad uno sgravio. Lo stesso che accade per chi è stato ricoverato, ma in Day Hospital o per brevi periodi che non producono la sospensione delle prestazioni economiche. Anche in questo caso l’errore lo commette l’INPS e l’interessato non deve pagare.

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