La necessità di poter accedere alla pensione con un anticipo rispetto agli anni nominalmente previsti sta spingendo sempre più lavoratori a considerare il riscatto della laurea come soluzione per anticipare il termine della propria vita lavorativa. L’opzione, ammessa già da anni, è però abbastanza macchinosa da capire e ha diverse tipologie operative alle quali bisogna fare attenzione, prima di presentare la domanda. In questa guida cercheremo di fare chiarezza e dare il maggior numero di informazioni possibili su questo tema.
Chi può accedere al riscatto della laurea
Possono accedere al riscatto agevolato della laurea coloro che rientrano in questi periodi contributivi:
- Dal 2012 in poi, per coloro che hanno almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
- Dal 1996 in poi, per coloro che hanno meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 o che non hanno contributi al 31 dicembre 1995;
Per periodi precedenti al 1996, è possibile avvalersi del riscatto, ma a patto di accettare il ricalcolo contributivo integrale del trattamento pensionistico, cioè mediante rinuncia alle quote di pensione da calcolarsi col sistema retributivo. A questo sistema aderiscono le cosiddette opzione Dini e opzione Donna e il computo presso la Gestione Separata INPS, quella cioè riservata a specifiche categorie di autonomi.
Quali sono i corsi di laurea riscattabili
Nella ista dei titoli riscattabili ai fini pensionistici rientrano i diplomi di laurea triennale, magistrale o specialistica; il diploma universitario triennale; gli anni del dottorato di ricerca concluso e i diplomi post-laurea per la specializzazione. Questi ultimi sono tali se superano la durata di due anni. Da quanto specifica l’INPS, inoltre, è possibile riscattare anche più di un titolo di studio, purché appartenente alla suddette categorie.
Quali periodi si possono riscattare e quali no
Nel calcolo degli anni accessibili per il riscatto della laurea, sono esclusi quelli di fuori corso, quelli in cui si è svolta una qualsivoglia forma di lavoro che ha portato a una contribuzione fiscale e, ovviamente, gli anni di iscrizione universitaria che non hanno portato al conseguimento del titolo accademico. In sostanza, il limite di anni riscattabili corrisponde alla durata legale del corso di studi, se completato regolarmente ed entro i tempi previsti (3 anni per le lauree triennali, 5 o 6 anni per quelle magistrali).
Quanto costa il riscatto della laurea
Il calcolo del riscatto della laurea avviene in questo modo:
- Si prende il il minimale contributivo annuo valido per gli iscritti alla gestione commercianti (pari a 18.415 euro nel 2024)
- Si moltiplica per l’aliquota di computo per le prestazioni pensionistiche vigente presso il Fondo Pensione dei lavoratori dipendenti (pari al 33%)
- Si moltiplica per gli anni di studio seguiti e che hanno portato alla laurea
Nel caso di una laurea magistrale (5 anni), il costo del riscatto è pari a 30.384,75 euro. Questo calcolo si applica con il sistema agevolato, che è più sostenibile economicamente, mentre per il sistema contributivo il calcolo va fatto in questo modo:
- Si prende il reddito imponibile degli ultimi 12 mesi (es. 30.000 euro)
- Si moltiplica per l’aliquota di computo per le prestazioni pensionistiche vigente presso il Fondo Pensione dei lavoratori dipendenti (pari al 33%)
- Si moltiplica per gli anni di studio seguiti e che hanno portato alla laurea
In questo caso, il costo del riscatto cresce di molto, arrivando a 49.500 euro.
Come si chiede il riscatto della laurea
Dipendenti privati, dipendenti pubblici, lavoratori iscritti alla Gestione Separata, disoccupati, inoccupati e lavoratori sospesi possono accedere al riscatto della laurea ai fini pensionistici semplicemente utilizzando il servizio dedicato messo a disposizione dall’INPS sul suo sito.
I contributi per il riscatto laurea sono deducibili dal reddito?
L’Agenzia delle Entrate, richiamando l’ordinanza 436/2017 della Corte di Cassazione, stabilisce che dall’imponibile del Trattamento di fine servizio o fine rapporto non bisogna escludere la quota dell’indennità versata volontariamente per il riscatto degli studi universitari. Una ulteriore risposta dell’Agenzia, la 482 del 19 ottobre 2020, sancisce quindi che, tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo (art.10 del TUIR), sono inseriti anche i contributi assistenziali e previdenziali versati per il riscatto della laurea o altre forme di riscatto o in caso di versamento di contributi per prosecuzione volontaria.
Cosa succede se si smette di versare i contributi per il riscatto laurea?
Tutte le somme versate per il riscatto dei contributi per gli anni di laurea sono deducibili dalle imposte, oppure sono detraibili con una percentuale del 19%, se sostenute dai genitori per i figli. Trattandosi dunque di contributi versati, esattamente come per l’attività lavorativa, per raggiungere il requisito contributivo che permette l’accesso alla pensione, i soldi versati non vengono restituiti, ma concorrono al raggiungimento delle soglie necessarie per il pensionamento. In sostanza, è come essersi anticipate, pagandole prima, le somme che ci verranno restituite attraverso il pagamento della pensione.