Rapporti temporali e causali tra procedura di esdebitazione e fallimento

Suprema Corte

Nell’ambito degli strumenti apprestati dal Legislatore, a tutela del debitore, imprenditore o consumatore, che si innestano sul sostrato giuridico rappresentato dalle Procedure  Concorsuali, contemplati  e disciplinati dalla stessa Legge fallimentare, vi è quello dell’esdebitazione.

La ratio sottesa a quest’ultima è da ravvisarsi nel beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, a seguito della chiusura del fallimento. Una sorta di favor debitoris, limitato, tuttavia, sia sotto il profilo cronologico, presupponendo la chiusura della procedura fallimentare, in relazione alla quale viene proposta istanza di esdebitazione, sia sotto il profilo funzionale – causale dell’intervenuto soddisfacimento, almeno parziale, dei creditori concorsuali, ammessi a quel fallimento.

Rapporti temporali e causali tra procedura di esdebitazione e fallimento: termine di decadenza annuale dalla chiusura della procedura concorsuale, per la proposizione dell’istanza di esdebitazione e conditio sine qua non del soddisfacimento, almeno parziale, dei creditori concorsuali relativi al fallimento. I principi affermati dall’Organo di Nomofilachia. Studiamo il caso.

Entrambi gli aspetti (cronologico e funzionale-causale) sono stati oggetto di interpretazione da parte della Suprema Corte, la quale, con l’Ordinanza n. 15246, del 12 Maggio 2022, ha affermato dei principi di diritto sul tema, circoscrivendo la portata applicativa dell’istituto dell’Esdebitazione e soprattutto, definendo il concetto di soddisfacimento parziale dei creditori concorsuali, ovvero riempendo di contenuti il presupposto oggettivo per l’accoglimento dell’istanza di esdebitazione.

In particolare, con la citata pronuncia, la Prima Sezione della Cassazione Civile si è espressa sull’ammissione al beneficio dell’esdebitazione dai debiti residui di due procedure fallimentari, che hanno coinvolto un socio illimitatamente responsabile di altrettante società di persone.

In primo grado, l’adito Tribunale aveva respinto la domanda di ammissione dell’istante al beneficio dell’esdebitazione, poiché la relativa istanza era stata proposta oltre il termine annuale decorrente dalla chiusura della prima procedura fallimentare.

Proposto reclamo avverso la sentenza del Giudice di prima Cure, la Corte d’Appello competente, parimenti, respingeva l’impugnazione.

Avverso quest’ultima sentenza, il socio soccombente proponeva ricorso per Cassazione, affidato a tre principali motivi, il primo dei quali è stato ritenuto inammissibile, avendo la Corte affermato che il termine annuale per la presentazione della domanda di esdebitazione, ex art. 143 L. Fall. Va pacificamente considerato come previsto a pena di decadenza. Principio non scalfito dalla considerazione, dedotta dal ricorrente, per cui la condizione di “fallito” sarebbe perdurata per l’istante anche nell’ambito della seconda procedura fallimentare.

La declaratoria di inammissibilità del primo motivo sottende il postulato interpretativo secondo cui il decorso del termine decadenziale (annuale) prescritto Ex lege, per la presentazione dell’istanza di esdebitazione, non è computabile dalla chiusura (successiva) della seconda società fallita, inerendo alla specifica procedura fallimentare, in relazione alla quale l’istanza viene presentata. Ne discende che alcuna incidenza sul decorso del termine decadenziale può derivare dalla pendenza di altra procedura fallimentare, coinvolgente la medesima persona fisica.

Così definito il rapporto di inerenza cronologica necessaria, intercorrente tra la domanda di esdebitazione e la chiusura del fallimento, la Cassazione Civile, dichiarato parzialmente inammissibile e parzialmente infondato il secondo, si sofferma sul terzo.

Per mezzo di quest’ultimo, il ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 142 L. Fall., in ordine alla condizione del soddisfacimento, almeno parziale, dei creditori concorsuali, relativi al fallimento, desunto dalla irrisorietà della percentuale relativa ai crediti privilegiati, soddisfatti al 13,89 per cento.

Il motivo viene ritenuto fondato dai Giudici del Diritto, sulla base della seguente motivazione:

La Corte d’Appello aveva rigettato l’impugnazione sul presupposto per cui la valutazione ponderata  della percentuale di pagamento in concreto realizzata ( 13, 89 per cento dei creditori privilegiati) fosse tale da non integrare il requisito della “parziale soddisfazione” dei creditori concorsuali. Secondo i Giudici di Nomofilachia, tale assunto non soddisfa l’onere motivazionale e non si armonizza con la Giurisprudenza della Cassazione.

Segnatamente, la Corte interpreta, anche alla luce dei precedenti giurisprudenziali, la disposizione di cui al secondo comma Legge fallimentare, secondo la quale l’ammissione al beneficio della esdebitazione (ovvero, dell’inesigibilità, da parte del fallito persona fisica, dei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti) richiede che vi sia stato il soddisfacimento, almeno parziale, dei creditori concorsuali.

Rapporti temporali e causali tra procedura di esdebitazione e fallimento

La definizione del rapporto funzionale causale intercorrente tra l’istanza di esdebitazione e la chiusura del fallimento viene così a coincidere con l’ ermeneusi del presupposto oggettivo, richiesto dalla legge per l’accoglimento della domanda di esdebitazione: Il parziale soddisfacimento dei creditori concorsuali.

A tal proposito, i Giudici del Diritto richiamano i principi statuiti dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 24214 -11, secondo cui tale condizione si intende realizzata, in un’interpretazione costituzionalmente orientata e coerente con il favor per l’istituto, anche quando taluni creditori non siano stati pagati affatto. È, a tal fine, sufficiente che con i riparti, almeno per una parte dei debiti esistenti, sia consentito al giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, una valutazione comparativa di tale consistenza, rispetto a quanto complessivamente dovuto.

Nell’ordinanza in commento, la Corte sviluppa i principi affermati dalle Sezioni Unite, precisando che la valutazione della sussistenza del presupposto oggettivo (del soddisfacimento almeno parziale dei creditori), pur rimessa al prudente apprezzamento del Giudice, deve comunque essere coerente con il favor debitoris, che ispira la norma.

Per tale via, il beneficio dell’esdebitazione deve essere concesso, ricorrendo i presupposti di cui al primo comma dell’art. 142  L .Fall., a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale “affatto irrisoria”.

L’irrisorietà, che vale ad escludere il beneficio dell’esdebitazione, non può, tuttavia, inferirsi dalla, ancorchè minima, percentuale soddisfatta dei crediti privilegiati ammessi al fallimento.

Per contro, I Giudici della corte affermano la massima di diritto secondo la quale: “in tema di esdebitazione, la definizione di soddisfacimento irrisorio resta parametrata a percentuali minime e in effetti tali da considerarsi irrilevanti, in modo da poter essere ritenuta dal Giudice del Merito, solo se il concreto soddisfacimento, tenuto conto di tutte le risultanze della procedura, non sia tale da rappresentare il concetto neppure parzialmente”.

Rapporti temporali e causali tra procedura di esdebitazione e fallimento. Conclusioni

In ultima analisi, il presupposto oggettivo per l’ammissione al beneficio dell’esdebitazione viene a coincidere con quello del “parziale soddisfacimento” dei creditori ammessi al fallimento, rimesso al prudente apprezzamento del Giudice. Per converso, il concetto di soddisfacimento “irrisorio” viene parametrato a  quello di percentuali “minimali” e di irrilevanza delle stesse, ai fini della valutazione della sussistenza del requisito della parzialità, nel senso sopra precisato.

Un giudizio, quello sull’irrilevanza ai fini dell’accoglimento dell’istanza del debitore, da compiere, tenuto conto di tutte le risultanze della procedura concorsuale, ancorato, ancora una volta, a dati numerici, ovvero empirici, da considerarsi “Case by case”, senza mai disattendere quel favor debitoris, cui si ispira l’istituto dell’esdebitazione.

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