Lo stato di disoccupazione non viene meno neanche se si lavora in questi casi

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Il disoccupato è un lavoratore che era occupato ed ha perso la propria occupazione. Cosa diversa dall’inoccupato che è colui che, invece, non ha mai lavorato. In entrambi i casi si è in stato di disoccupazione ma nel primo potrebbe spettare un periodo indennizzato, nel secondo no. In alcuni casi particolari il disoccupato che trova una nuova occupazione mantiene il suo status. E questo appare fondamentale per determinate misure a cui ha diritto. Lo stato di disoccupazione non viene meno con un nuovo lavoro che soddisfa determinate condizioni.

Lo stato di disoccupazione

A definire lo stato di disoccupazione è il Dlgs 150 del 14 settembre 2015. Per essere considerati disoccupati è necessario, ovviamente, essere senza impiego e aver dichiarato la propria DID. Ovvero la immediata disponibilità a lavorare e a partecipare a misure di politica attiva previste dal Centro per l’impiego. Queste in poche parole le condizioni per essere considerati disoccupati.

Tutte le misure che prevedono benefici per i disoccupati, invece, richiedono anche che il lavoratore abbia fruito della NASPI. E che, quindi, abbia perduto involontariamente la propria occupazione.

Quali benefici per chi non ha un lavoro?

Per chi perde involontariamente il lavoro è prevista la NASPI, ovvero l’indennità di disoccupazione. Ma per i disoccupati c’è anche il diritto di accedere ad alcune forme di pensionamento anticipato per profili tutelati. Come ad esempio la Quota 41 che richiede di essere lavoratori precoci e aver maturato 41 anni di contributi.

O come l’APE sociale che richiede, ai disoccupati, 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi maturati. Sia per l’APE sociale che per la Quota 41 il richiedente deve aver percepito tutta la NASPI spettante e aver conservato lo stato di disoccupazione. Ma cosa significa?

Lo stato di disoccupazione non viene meno in questi casi

Per mantenere lo stato di disoccupazione è necessario non lavorare per un periodo superiore a 6 mesi. Per questo conteggio particolare ogni mese viene conteggiato come 30 giorni e di fatto, quindi, non si deve lavorare più di 180 giorni per rimanere disoccupati.

Il percettore di NASPI, con un impiego che non supera i 180 giorni, quindi, non vede decadere la sua prestazione. E chi deve accedere a misura come Quota 41 e APE sociale, se non supera questo limite, può anche lavorare per il raggiungimento del requisito contributivo.

Si tratta di una precisazione molto importante perché, erroneamente, si crede che per poter accedere alle due misure previdenziale bisogna proprio non lavorare. E se si lavora, anche un solo giorno, si perde il diritto acquisito.

Da considerare poi che non è la durata del contratto a far venire meno lo stato. Con un contratto a tempo indeterminato lo stato viene meno in ogni caso. Ma con un contratto a tempo determinato, anche se di durata superiore ai 6 mesi, l’importante è la durata del rapporto di lavoro. Il lavoratore, quindi, si può anche dimettere al raggiungimento dei 6 mesi senza perde lo stato di disoccupazione. E la NASPI.

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