La nuova normativa sugli affitti brevi vuole combattere l’overtourism, ma i risultati lasciano (ancora) a desiderare

La nuova normativa sugli affitti brevi vuole combattere l'overtourism, ma i risultati lasciano (ancora) a desiderare

Con la riforma della disciplina degli affitti brevi, dal 1° gennaio 2025 sono stati introdotti nuovi obblighi per i proprietari privati e per le piattaforme digitali, al fine di regolamentare correttamente questo settore. Tutti locatori, dunque, sono tenuti a rispettare la nuova normativa e a sottostare alle ferree procedure burocratiche relative alla registrazione degli ospiti e alla riscossione delle tasse.

Tutte le novità 2025 per gli affitti brevi

Una novità fondamentale è quella relativa all’obbligo di CIN (Codice Identificativo Nazionale). Ogni immobile oggetto di affitto breve deve essere registrato nella Banca Dati delle Strutture Ricettive ed esporre il CIN all’ingresso e negli annunci online. Gli inadempienti vengono multati con sanzioni comprese tra 800 e 8.000 euro.

Tutte le strutture, poi, devono rispettare standard di sicurezza più rigidi e, nel dettaglio, provvedere a installare estintori certificati CE per ogni 200 mq (garantendo almeno un dispositivo per piano) e sensori per il rilevamento di gas e monossido di carbonio.

I proprietari con più di tre unità, invece, vengono qualificati come operatori professionali e sono tenuti a presentare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) al Comune di ubicazione degli immobili e ad aprire la Partita IVA per gestire la propria attività. Per i proprietari che non hanno più di quattro immobili, la cedolare secca al 21% può essere applicata solo a uno di essi, mentre per i rimanenti tre l’aliquota è incrementata al 26%.

Nuovi obblighi anche per le piattaforme digitali, come Booking e Airbnb, che devono trattenere il 21% degli importi guadagnati dagli affitti e versarlo all’Agenzia delle Entrate. In questo modo, si assicura maggiore trasparenza delle operazioni e si riducono i rischi di evasione fiscale.

Tutti i locatori, infine, devono registrare gli ospiti nel portale “Servizio Alloggiati” della Polizia di Stato, per assicurare la piena tracciabilità dei soggiorni e incrementare i controlli di sicurezza.

La riforma degli affitti brevi è davvero la chiave per rallentare l’overtourism?

La crisi generata dall’overtourism è stata evidenziata dalla nota piattaforma Airbnb, che ha incentivato le Amministrazioni locali ad adottare idonee misure per porre un freno a tale fenomeno, incrementato dagli hotel. In particolare, l’appello di Airbnb riguarda le dieci capitali europee più visitate nelle quali, secondo il rapporto “Overtourism nell’UE” stilato sulle informazioni di Eurostat e dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, il sovraffollamento è dovuto agli hotel, che sono stati circa l’80% dei pernottamenti nel 2023 e nel 2024.

Airbnb precisa che gli hotel sono quasi interamente concentrati nei centri delle città, mentre nell’ultimo anno le proprie strutture situate al di fuori dei centri urbani hanno visto un notevole incremento (circa il 60%) di prenotazioni, proprio in zone senza hotel. In pratica, l’overtourism sta crescendo nei luoghi in cui Airbnb è limitato e, dunque, prevedere ulteriori limitazioni per le piattaforme digitali in tema di affitti brevi non sembrerebbe la soluzione ideale.

In Italia, alcune amministrazioni locali hanno adottato apposite iniziative per limitare l’overtourism; ad esempio, in Toscana è stato introdotto un limite massimo al numero di appartamenti che lo stesso proprietario può destinare agli affitti brevi.

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