Il prezzo del petrolio crolla a 60 dollari al barile e l’Arabia Saudita tiene il mondo con il fiato sospeso

Il prezzo del petrolio crolla a 60 dollari al barile e l'Arabia Saudita tiene il mondo con il fiato sospeso

La crisi finanziaria non risparmia il settore energetico. Il prezzo del petrolio è, infatti, sceso a 60 dollari al barile in pochissimi giorni, avvicinandosi ai minimi di quattro anni fa. Lo scorso 15 aprile, l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha abbassato le previsioni sulla crescita della domanda mondiale di petrolio da 1,30 milioni a 730.000 barili al giorno, per il 2025, e a 690.000 barili, per il 2026.

Le difficoltà del momento sono state evidenziate anche dall’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC), che ha tagliato la crescita della domanda per il 2025 di 150.000 barili al giorno, collegandola al rallentamento dell’economia mondiale nel prossimo biennio.

Una delle dirette conseguenze dell’imposizione dei dazi è il calo della richiesta di petrolio e, quindi, la variazione al ribasso del prezzo del greggio, per mancanza di concorrenza. Attualmente, i futures del greggio West Texas Intermediate (WTI) sono scesi dello 0,83% a 60,82 dollari a barile, mentre i futures del petrolio Brent con scadenza a giugno 2025 sono calati dello 0,65% a 64,24 dollari a barile.

L’Arabia Saudita aumenta la produzione di petrolio ma decide di puntare su altri settori economici

Nel caso in cui le quotazioni dell’oro nero non dovessero risalire per un lungo periodo, potrebbero esserci dei cali generalizzati dei prezzi di alcuni beni, come la benzina, e dei servizi legati al petrolio e ai suoi derivati. Ma la situazione sarebbe destinata a ulteriori colpi di scena anche per mezzo dell’iniziativa dell’Arabia Saudita (tra i maggiori produttori del greggio), che potrebbe determinare la contrazione del costo del carburante al di sotto dei 60 dollari al barile.

L'Arabia Saudita aumenta la produzione di petrolio ma decide di puntare su altri settori economici

L’Arabia Saudita aumenta la produzione di petrolio ma decide di puntare su altri settori economici

Sarebbe, infatti, disposta a incrementare la produzione del petrolio di 411.000 barili al giorno, dal mese di maggio. Per quale motivo? All’Arabia Saudita servirebbe che il combustibile venisse venduto a non meno di 96 dollari al barile, ma vorrebbe provare di essere ancora una delle principali potenze finanziarie al mondo.

Questa mossa potrebbe anche essere un escamotage da parte del Regno arabo per fare pressione sul progetto “Vision 2030“, diretto alla riduzione della dipendenza dal petrolio e al rafforzamento delle altre attività economiche non legate al commercio del combustibile. Già da qualche anno, l’Arabia Saudita sta cercando di diversificare le proprie strategie imprenditoriali, constatando quanto serva investire anche in altri ambiti, come quello turistico, manifatturiero e, soprattutto, quello dell’estrazione mineraria. Proprio quest’ultimo potrebbe contribuire in maniera determinante alla crescita del PIL.

Quello che è certo è che, se il Paese che detiene il primato nel settore petrolifero decide di puntare anche su altri beni, il prezzo del greggio è destinato a subire ulteriori ribassi.

La Cina si è rafforzata con i dazi? Aumento del PIL nel primo trimestre 2025

Fanno riflettere anche i dati economici sulla Cina, che è il principale importatore al mondo di petrolio. Nel primo trimestre dell’anno, il PIL cinese è rimbalzato del 5,4%, superando le aspettative degli analisti. Allo stesso tempo, è aumentata del 7,7% la produzione industriale, perché gli esportatori hanno anticipato le decisioni di Trump sui dazi. Al momento, tuttavia, non è possibile stabilire quanto le ulteriori tensioni tra USA e Cina influiranno sulla domanda.

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