Il 33% delle pensioni pagate normalmente e mensilmente dall’INPS ai pensionati è sbagliata

Pensioni minime o sbagliate a sfavore del pensionato

La pensione è una prestazione che una volta assegnata al diretto interessato, non si perde salvo casi estremi o salvo casi di pensioni collegate al reddito. Ma in questo caso più che di misure pensionistiche e previdenziali, si deve parlare di misure assistenziali. Ma durante la vita di una persona molte cose possono cambiare. E anche durante la vita da pensionati, le variabili sono tante. Anche la pensione è influenzata da queste variabili, e sono tanti i pensionati che per anni continuano a percepire sempre lo stesso assegno pensionistico. Magari indicizzato annualmente al tasso di inflazione, ma sempre lo stesso assegno previdenziale.

E questa è una delle motivazioni per le quali comunemente si dice che il 33% delle pensioni pagate normalmente e mensilmente dall’INPS ai pensionati, è sbagliata. In pratica, ogni 3 pensionati, ci sta colui che prende una pensione che per importo è sbagliata a suo svantaggio. Ma l’INPS ha alcuni strumenti, forse poco utilizzati, ma che possono essere utili per portare la pensione alla soglia giusta.

Il 33% delle pensioni pagate normalmente e mensilmente dall’INPS ai pensionati è sbagliata: come risolvere?

Nella stragrande maggioranza dei casi le pensioni possono essere di importo sbagliato perché il pensionato non riceve dall’INPS le maggiorazioni sociali, la quattordicesima, gli assegni familiari e così via dicendo. In questo caso più che di un errore da parte dell’INPS bisogna parlare di una omissione da parte dei pensionati. Si tratta di prestazioni che l’INPS non eroga automaticamente ai pensionati, ma che bisogna prima di tutto richiedere. Per fare in modo di non lasciare perduti questi autentici diritti, l’INPS mette a disposizione lo strumento della ricostituzione della pensione. Il lavoratore oggi nel 2023, anche se ha ottenuto la liquidazione della pensione molti anni fa, può chiedere il ricalcolo della prestazione. Se lo fa per motivi reddituali, può recuperare le maggiorazioni e tutte le altre prestazioni prima citate, che effettivamente sono collegate al reddito. Questo è il caso del pensionato che per esempio, alla data decorrenza della pensione, aveva altri redditi a tal punto da non godere delle maggiorazioni. Redditi che se calati negli anni successivi, potrebbero aver portato lo stesso pensionato dentro il perimetro delle stesse maggiorazioni.

Dalla ricostituzione al supplemento, ecco cosa può fare il pensionato

Ma questa cosa può accadere anche per chi dopo la pensione ha continuato a versare contributi o per chi ha ottenuto una pensione senza aver utilizzato tutta la contribuzione già versata a quell’epoca. In questo caso la ricostituzione di pensione è per motivi contributivi. In pratica in questo modo nel 2023 il pensionato può chiedere che vengano usati per il calcolo della pensione, contributi versati già alla data di liquidazione della prestazione, ma non usati per il primo calcolo. Se invece si tratta di contributi versati dopo la data di liquidazione della prestazione, bisogna usare un altro strumento dell’INPS che si chiama supplemento. Per poter richiedere la ricostituzione o il supplemento della pensione, l’INPS sul suo portale ufficiale ha l’area dedicata. Bisogna accedere con SPID, CIE o CNS. Una volta autenticati, gli interessati potranno accedere al servizio compilando l’apposito formulario telematico ed indicando le motivazioni di questa domanda. Pensioni minime o sbagliate a sfavore del pensionato facilmente risolvibili, con il diritto a godere, come nel caso delle maggiorazioni, anche di 5 anni di arretrati. Infatti per le somme non percepite da un pensionato la prescrizione si materializza proprio in 5 anni.

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