Ecco un comune errore del datore di lavoro che permette di dimettersi e ricevere la disoccupazione

NASPI

L’indennità di disoccupazione NASPI spetta solo quando si perde involontariamente la propria occupazione. E, quindi, solo in caso di licenziamento o scadenza del contratto a termine. In due soli casi l’indennità viene riconosciuta anche a chi presenta dimissioni volontari. E sono quelli in cui le dimissioni sono presentate dalla mamma nel periodo di tutela dal licenziamento. O dal lavoratore che le presenta per giusta causa, ovvero per colpa del datore di lavoro. Ecco un comune errore del datore di lavoro che però, spesso, non è considerato.

La colpa del datore di lavoro deve essere dimostrabile

L’INPS elenca quelle che possono essere le colpe per le quali si possano presentare dimissioni per giusta causa. Tra di esse c’è il mobbing, il demansionamento, il trasferimento e anche le molestie sessuali. Si cita il mancato pagamento degli stipendi o il ritardo nel pagamento degli stessi. Ma non si parla della riduzione dell’orario di lavoro.

Questa cosa non è contemplata dalla normativa anche se, in alcuni casi la riduzione può essere talmente drastica da non permettere al lavoratore di guadagnare uno stipendio dignitoso.

Ecco un comune errore del datore di lavoro che non è considerato dalla normativa

È accaduto durante la pandemia ed essendoci una sentenza del Tribunale di Bergamo rappresenta un precedente legale. E questo può far comodo a molti lavoratori che si trovano nella stessa situazione.

Un lavoratore si è trovato nella situazione di vedersi ridurre l’orario di lavoro del 70%. Invece di lavorare le normali 40 ore settimanali doveva lavorarne solo 12. Ovviamente anche la retribuzione è ridotta della stessa percentuale. Il dipendente prima chiede che venga ripristinato l’orario di lavoro. Ma al diniego dell’azienda presenta dimissioni per giusta causa. L’INPS nega l’indennità di disoccupazione perché non riconosce nella riduzione dell’orario di lavoro una giusta causa di dimissioni.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Bergamo accoglie il ricorso (contro l’INPS) del dipendente e obbliga l’INPS a riconoscergli la NASPI e a pagare le spese legali. Questo perché la riduzione dell’orario di lavoro da 40 a 12 ore settimanali comporta per un lavoratore una perdita economica non indifferente. E visto che si tratta di una decisione presa unilateralmente dall’azienda, la giusta causa delle dimissioni è evidente.

Le condizioni lavorative, infatti, sono radicalmente mutate dalla sottoscrizione del contratto di lavoro da parte del dipendente. E proprio per questo motivo il dipendente ha tutto il diritto di presentare dimissioni per giusta causa ed avere diritto a vedersi riconoscere l’indennità di disoccupazione.

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