Con lo sgravio contributivo, ti basta andare in pensione un anno più tardi per prendere fino a 200 euro in più al mese

Con lo sgravio contributivo, ti basta andare in pensione un anno più tardi per prendere fino a 200 euro in più al mese

La pensione è il sogno fortemente agognato di tutti i lavoratori. Ma se, alla fine, rimanendo al lavoro si guadagnasse un assegno più ricco? Continuare a lavorare nonostante il raggiungimento dei presupposti per il pensionamento, in alcuni casi potrebbe essere addirittura più vantaggioso, grazie a una misura introdotta dalla Legge di Bilancio 2023, che concede ai contribuenti la facoltà di aumentare lo stipendio mensile. Ecco quando rimanere al lavoro anche solo 12 mesi in più può essere fino a 3 volte più conveniente che andare in pensione.

Perché rimandare la pensione conviene?

Lasciare il lavoro più tardi non è una tragedia, ma spesso un vantaggio. Partiamo dal presupposto che lavorare di più significa maturare il diritto a un assegno pensionistico calcolato su un periodo di contribuzione più esteso. L’aumento del montante contributivo ha come diretta conseguenza l’incremento della somma spettante.

Allo stesso tempo, rimandare di un anno l’uscita significa accedere al pensionamento con un’età anagrafica più elevata e, dunque, determinare la prestazione previdenziale su un coefficiente di trasformazione maggiore. A parità di contributi, un lavoratore che lascia il servizio a 65 anni prenderà una pensione più alta di chi lascia a 64 anni; lavorando anche solo 12 mesi in più, la pensione può aumentare notevolemente. Tale circostanza, ovviamente, dipende anche dalla retribuzione percepita, che pure con il sistema contributivo è determinante per il calcolo dell’assegno previdenziale. Ma esiste una particolare agevolazione che consente di aumentare lo stipendio mensile di chi ha raggiunto i requisiti per la pensione ma continua a lavorare.

Bonus Maroni: quasi 200 euro in più sullo stipendio

L’incentivo che permette di ritardare la pensione e aumentare la busta paga prende il nome di Bonus Maroni. Si tratta di un’agevolazione che può essere richiesta dai lavoratori che, pur avendo raggiunto i presupposti per usufruire di Quota 103 o della pensione anticipata ordinaria, decidono di restare in servizio. Nel dettaglio, il Bonus è riservato a coloro che possiedono almeno 62 anni di età e 41 di contributi (Quota 103) oppure 42 anni e 10 mesi di contributi, se uomini, o 41 anni e 10 mesi, se donne (pensione anticipata ordinaria).

Graze a questo beneficio, i contributi previdenziali che normalmente dovrebbero essere versati dal lavoratori (pari al 9,19%) vengono riconosciuti direttamente in busta paga e, di conseguenza, aumentano la retribuzione netta. Ad esempio, per chi guadagna circa 2.000 euro lordi al mese, l’incremento può raggiungere i 184 euro netti al mese.

La domanda del Bonus Maroni va presentata all’INPS in uno dei seguenti modi:

  • telematicamente, tramite il portale dell’Istituto di Previdenza, accedendo al servizio “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, APE Sociale e Beneficio precoci” con le proprie credenziali digitali SPID, CIE e CNS;
  • tramite il supporto di un CAF o un Patronato;
  • chiamando il Contact Center INPS al numero 803.164 (da rete fissa) o 06.164.164 (da rete mobile).

Il beneficio viene accreditato dal primo mese seguente quello di invio della richiesta e dura fino al pensionamento.

Conclusioni

La decisione di beneficiare del Bonus Maroni dipende da una serie di considerazioni personali, come l’esigenza di ottenere uno stipendio più alto nel breve termine e godere dell’esenzione fiscale su tale somma aggiuntiva (prevista dalla Legge di Bilancio 2025). Bisogna, però, considerare anche una serie di pericoli, perchè la rinuncia al versamento dei contributi può essere deleteria sul calcolo della pensione futura. Per valutare tutti i rischi, è opportuno richiedere una consulenza con un professionista esperto di previdenza.

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