Anticipo TFR per acquisto prima casa: come e quando si può richiedere

Anticipo TFR per acquisto prima casa

Un piccolo tesoretto che accumuliamo, mese dopo mese, e che contribuisce a quella lunghissima serie di numeri sulle tabelle della busta paga. È il cosiddetto TFR, o trattamento di fine rapporto, una prestazione economica che viene pagato al lavoratore quando finisce il rapporto di lavoro, qualunque sia il motivo (licenziamento, dimissioni volontarie, cessazione dell’attività aziendale e via dicendo). C’è però un modo per ottenere che questa somma ci venga versata in anticipo, ed è nel caso dell’acquisto della prima casa, una spesa che per molti sarebbe impossibile, o estremamente difficile, senza questa somma a disposizione. Ma come si può richiedere, ed è sempre obbligatorio per il datore di lavoro accettare? Scopriamolo insieme.

Le condizioni per formulare la richiesta al datore di lavoro

L’importo del TFR (trattamento di fine rapporto) viene calcolato sulla base di alcuni indici che variano in base al contratto lavorativo e agli anni di servizio prestato. Per richiedere l’anticipo di una quota del TFR, però, è necessario che si presentino alcune condizioni particolari. Il lavoratore deve aver maturato almeno 8 anni di servizio continuativo presso l’azienda dove presta servizio, scaglione obbligatorio per ottenere l’emolumento anticipato.

Ovviamente, la richiesta deve essere suffragata da un motivo valido, come è appunto la richiesta di anticipo TFR per acquisto prima casa. In questo caso, l’azienda potrà corrispondere al dipendente, previa richiesta motivata con opportuna documentazione (atto notarile di acquisto e dichiarazione di non possesso di altre abitazioni classificate come “principali”), fino al 70% dell’importo totale maturato del trattamento di fine rapporto.

Questa somma, qualunque essa sia, è sottoposta a tassazione come reddito sostitutivo, e quindi verrà decurtata di un 23% di tasse, ma non è soggetta a ulteriori trattenute sui contributi previdenziali che vanno versati all’INPS.

È bene sapere, in ogni caso, che i possibili svantaggi non finiscono qui. Infatti, l’azienda è tenuta a soddisfare, a norma di legge, solo una piccola percentuale delle richieste di anticipo che devono essere opportunamente giustificate come abbiamo visto sopra. Insieme all’acquisto della prima casa, ci sono anche altri casi in cui è possibile richiedere l’anticipo del TFR.

Ulteriori casi in cui si può chiedere l’anticipo del TFR

L’anticipo del TFR può essere richiesto una volta sola alla propria azienda e soltanto nei casi previsti dalla legge. Alle motivazioni sopra elencate, la giurisprudenza ha aggiunto delle altre nel corso del tempo. Si può richiedere l’anticipo del Tfr anche per:

  • l’acquisto dell’abitazione per un figlio, se l’onere è sostenuto dal figlio stesso;
  • il riscatto dell’abitazione già occupata ad altro titolo;
  • l’acquisto del suolo sul quale andrà edificata l’abitazione;
  • la costruzione o la ristrutturazione di una abitazione da adibire a prima casa.

Non vengono considerate, invece, come spese ammissibili:

Si ricorda che ci sono dei casi che fanno eccezione in cui si può chiedere l’anticipo del Tfr anche una seconda volta. È bene inoltre sapere che il datore di lavoro, nel limite della casistica elencata, non può rifiutarsi di concedere l’anticipo del Tfr al proprio lavoratore.

Per quali dipendenti vale la richiesta di anticipo TFR?

Le casistiche che abbiamo appena visto riguardano solo i dipendenti privati. Per i dipendenti pubblici, infatti, da aprile 2024 è stato sospesa la possibilità di richiedere l’anticipo TFR, né è ammissibile la richiesta per il TFS (trattamento di fine servizio), ovvero il regime di trattamento conclusivo a cui aderiscono i dipendenti pubblici assunti anteriormente al 2001.

Nonostante non ci sia una esplicita previsione legislativa, la sentenza 130/2023 della Corte Costituzionale ha sottolineato l’illiceità del differimento e della rateizzazione di TFR/TFS per i dipendenti pubblici, e la Corte di Cassazione ha ulteriormente evidenziato l’illiceità nella disparità di trattamento tra dipendente pubblico e privato, rimandando al legislatore la rettifica della situazione vigente.