Rischia il licenziamento e di non ottenere la NASPI il lavoratore che tiene questo comportamento

NASPI

Lo Stato prevede una serie di misure per sostenere i cittadini in difficoltà. Ad esempio, di recente, la legge ha introdotto il reddito di cittadinanza, una misura diretta a sostenere le persone che non riescono a trovare lavoro. Non solo, ma la legge prevede anche la NASPI. Questa è un’indennità di disoccupazione che si concretizza in una somma mensile attribuita al lavoratore disoccupato. La condizione per ottenerla è di avere perso involontariamente il proprio lavoro. In realtà, l’INPS ha più volte chiarito, che ci sono dei casi in cui il dipendente ha diritto di accedere alla NASPI anche in caso di dimissioni.

Per chiedere la NASPI il lavoratore deve avere almeno 13 settimane di contribuiti, nei 4 anni che precedono la richiesta. Il secondo requisito consiste nell’avere perso il lavoro in modo involontario. Dunque, la NASPI non spetta se il lavoratore si è dimesso oppure il contratto di lavoro si è risolto in modo consensuale.

Rischia il licenziamento e di non ottenere la NASPI il lavoratore che tiene questo comportamento

Ci sono, però, delle eccezioni. Ad esempio, la legge prevede espressamente che la lavoratrice in maternità possa chiedere la NASPI, anche in caso di dimissioni. Purché dia le dimissioni nei 300 giorni prima della data in cui ci sia aspetta il parto e fino a quando il bimbo non abbia compiuto 1 anno. L’INPS ha poi spiegato che ci sono dei casi in cui il dipendente può licenziarsi per giusta causa e non perdere il diritto alla NASPI.

Si tratta del caso in cui le dimissioni non dipendano da una decisione del lavoratore, ma dalla oggettiva impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro. L’INPS ha fatto alcuni esempi di dimissioni per giusta causa che non fanno perdere il diritto alla NASPI. Dimissioni per mancato pagamento della retribuzione oppure per modificazioni unilaterali e gravose delle mansioni del lavoratore. Ancora dimissioni per mobbing, si tratta di un comportamento dei colleghi e del datore di lavoro punito severamente dal codice penale.

Le spiegazioni dei giudici

Anche le dimissioni per il cambiamento radicale delle condizioni di lavoro, dovuto ad esempio alla vendita dell’azienda, non fanno perdere il diritto alla NASPI. Oppure ancora il trasferimento del dipendente in un’altra sede, senza il corretto procedimento, e la sussistenza delle ragioni organizzative richieste dalla legge. Se, però, non ricorrono queste condizioni particolari, normalmente in caso di dimissioni o risoluzione del contratto il dipendente non ha diritto alla NASPI. Rischia il licenziamento e di non conseguire alcun sussidio il lavoratore che si comporta in modo scorretto.

Lo ha spiegato il Tribunale di Udine, con la recente sentenza 20 del 2022. Il Tribunale ha chiarito che se il dipendente non si presenta a lavoro per molto tempo, allo scopo di farsi licenziare, non ha diritto alla NASPI. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che la condotta del lavoratore di non presentarsi a lavoro comporta la risoluzione per fatti concludenti del contratto.
Come visto prima, in caso di risoluzione consensuale del contratto o di dimissioni, al dipendente non spetta la NASPI. Dunque, il comportamento di non presentarsi al lavoro comporta non solo la perdita del posto di lavoro, ma anche l’impossibilità di chiedere la NASPI.

Approfondimento

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