Vizi della delibera assembleare tra normativa di legge ed elaborazione dottrinale e giurisprudenziale

assemblea di condominio

Alcuni istituti giuridici, pur avendo una precisa regolamentazione legislativa, si prestano ad una elaborazione della dottrina e della giurisprudenza che talora ne ampliano l’applicazione e, in parte, ne modificano anche i principi applicativi.

È il caso della disciplina dei vizi relativi alle delibere delle assemblee condominiali, tipologia di atti, di cui abbiamo già parlato in altre occasioni.

Infatti le disposizioni del codice civile al riguardo prevedono, quanto ai possibili vizi, solo l’annullabilità.

In particolare l’art. 1137 del codice civile parla di annullabilità della delibera in caso di contrarietà alla legge o al regolamento. Casi in cui il condomino assente o dissenziente può impugnare la delibera entro 30 giorni dalla data della sua approvazione per chi presente alla riunione condominiale, ma astenuto o dissenziente, e dalla comunicazione per chi assente.

Pertanto, come possiamo desumere da quanto previsto dalla normativa codicistica, il vizio sarebbe solo quello dell’annullabilità, impugnabile entro un breve termine di decadenza.

Dottrina e giurisprudenza sono invece state di diverso avviso.

Ed è proprio per questo motivo, che possiamo invece formulare il tema di questo articolo come segue.

Vizi della delibera assembleare tra normativa di legge ed elaborazione dottrinale e giurisprudenziale

Dottrina e giurisprudenza hanno infatti ritenuto che una delibera possa essere affetta anche da vizi, comuni a qualsivoglia tipologia di atto giuridico.

Non solo l’annullabilità, quindi, ma anche la nullità e l’inesistenza possono viziare una delibera condominiale.

Ma quando si verifica l’uno o l’altro di questi vizi?

E con quali conseguenze?

Come vedremo, l’annullabilità permane sostanzialmente come vizio residuale, quando non si verifichi uno degli altri due.

Inesistenza

L’ipotesi dell’inesistenza giuridica è più che altro un caso di scuola.

Si verifica quando l’atto manca di uno dei suoi elementi essenziali.

Immaginiamo il caso limite di un condomino che, non conoscendo la normativa di legge, ritenga di poter egli stesso, del tutto autonomamente, emanare un atto qualificabile come delibera condominiale.

Evidentemente quell’atto non ha i requisiti minimi necessari per essere tale da un punto di vista giuridico.

Non proviene dall’organo competente, l’assemblea dei condomini, né costituisce atto deliberato con le previste modalità.

È quindi evidente che, più che ancora di nullità, si dovrebbe parlare di inesistenza dell’atto. Con le ovvie conseguenze che un tale vizio si può sempre far valere, peraltro da parte di chiunque interessato e senza limiti di tempo. Inoltre tale vizio può essere rilevato d’ufficio dal giudice, quindi a prescindere dalla circostanza che l’interessato l’abbia appositamente sollevato in corso di causa.

Nullità

A parte il caso limite dell’inesistenza giuridica, più caso di scuola che caso reale, giurisprudenza e dottrina si sono interessate soprattutto all’elaborazione di un vizio diverso, rispetto alla semplice annullabilità, la nullità.

Considerata alla stregua della nullità di altre tipologie di atti, in particolare le delibere societarie, questo vizio può essere, come per l’inesistenza, fatto valere da chiunque vi abbia interesse, quindi non solo dal condomino assente o dissenziente.

E, allo stesso modo, l’azione può essere proposta senza limiti temporali ed essere anche rilevato d’ufficio dal giudice.

Ma quando si verifica tale vizio, evidentemente più grave che non la semplice annullabilità?

I casi di nullità

Un primo caso riguarda quello dell’oggetto impossibile o illecito.

È infatti evidente che se l’oggetto, ad esempio, viola disposizioni di legge imperative, questa sua contrarietà all’ordinamento giuridico non possa sanarsi, solo per il fatto che la relativa delibera venga impugnata nel termine di 30 giorni.

In particolare, l’oggetto si considera illecito se contrario all’ordine pubblico, al buon costume o a norme imperative di legge. Quindi una contrarietà a norme di legge e principi giuridici, che ovviamente l’assemblea deve invece rispettare, in quanto la delibera condominiale è fonte giuridica di rango gerarchicamente inferiore, e quindi non può derogare a determinati principi e norme giuridiche.

Il caso dell’impossibilità si verifica quando, per le caratteristiche intrinseche dell’oggetto, esso sia impossibile e, quindi, si determina parimenti una nullità, alla stregua di quel che si verifica per altre tipologie di atti.

Altro caso di nullità riconduce all’incompetenza.

L’assemblea ha i soli poteri definiti ex lege, sostanzialmente in relazione alle parti comuni del condominio, e conseguentemente non può travalicare determinati limiti. Potrebbe talora verificarsi, invece, che tale competenza venga travalicata, e da qui consegue la nullità della delibera.

Infine, ricordiamo la possibilità di una violazione dei diritti del singolo condomino, sia in relazione alle cose comuni, che in relazione alla sua proprietà esclusiva. Tale violazione è un caso specifico, in cui si verifica una palese incompetenza dell’assemblea, il cui potere trova un limite nei diritti dei singoli condomini.

Annullabilità

Come abbiamo detto, l’annullabilità assume quindi una valenza residuale, rispetto ai vizi più gravi, sopra considerati.

Non necessariamente in senso statistico, visti i tanti casi di impugnazione di delibere per annullabilità, che affollano le aule di giustizia. Ma nel senso che l’annullabilità riconduce ai seguenti restanti casi, fattispecie più specifiche e ristrette, rispetto a quelle che comportano inesistenza o nullità, come la più generale violazione di norme imperative di legge.

Si tratta soprattutto di situazioni riconducibili alla irregolare approvazione della delibera per vizi nella formazione dell’assemblea. O per essere stata, la delibera, approvata con maggioranze inferiori a quelle previste ex lege o in base a norme regolamentari.

Questi sopra considerati sono i due casi principali

Altra situazione che comporta annullabilità si verifica in caso di violazione di altre norme, di legge o di regolamento, che integrino la procedura di convocazione o informazione dell’assemblea. Pensiamo, ad esempio, ad una norma regolamentare che prescriva che, per determinate materie, si debba, per la validità della delibera, far precedere l’assemblea da apposite note informative. Come una relazione tecnica o una relazione legale. È evidente che l’omissione di tale atto presupposto comporta una invalidità della delibera, per violazione della norma che richiede, per la sua validità, appunto l’atto presupposto. In questo caso si potrebbe far valere l’annullabilità.

Per terminare su “Vizi della delibera assembleare tra normativa di legge ed elaborazione dottrinale e giurisprudenziale”, ultimo caso che comporterebbe annullabilità riguarda irregolarità nella convocazione dei condomini. Caso tipico quello del condomino che non sia stato convocato, o che non lo sia stato osservando le corrette formalità legali.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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