Verso un nuovo esecutivo? Impatto sui mercati

verso un nuovo esecutivo

La situazione politica depone a favore dello scenario che si va verso un nuovo esecutivo,. Questa volta giallo rosso, o rosso giallo, che dir si voglia?

E’ vero che alle elezioni potrebbero presentarsi solo 5 partiti?

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

Rischiamo davvero un aumento dell’Iva?

In questa fase, di incertezza politica, economica ed istituzionale, molti sono i dubbi e le problematiche.

Ma, a mio modesto avviso, le questioni, come spesso accade, non corrispondono alla normale vulgata, per così dire.

Spesso, anzi, sono decisamente diverse, ed in questo articolo cerco, quindi, di fare chiarezza su diverse questioni che potrebbero essere equivocate.

Intanto, partiamo dai mercati.

Verso un nuovo esecutivo? Impatto sui mercati

Perché sono apparsi così fiduciosi?

Intanto, la questione delle clausole di salvaguardia.

In questa fase tutti guardano solo agli intenti delle forze politiche, ma occorre considerare che enti economici, come il Mef e la Ragioneria dello stato, continuano ad essere al lavoro.

E proprio dalle loro analisi risulta che da risparmi su alcune voci di spesa, come il reddito di cittadinanza, si troverebbero le risorse per il disinnesco.

Tale valutazione, unitamente alla prospettiva di un nuovo esecutivo maggiormente in linea con le direttive europee, ha fatto rientrare i mercati da quella spirale ribassista.

Ma se la minaccia della clausole non pare, quindi, del tutto fondata, cosa dire dell’esercizio provvisorio?

Ebbene, durante l’esercizio provvisorio si spende mediamente di meno di quanto normalmente si fa a finanziaria già approvata.

Pertanto sarebbe, semmai, una situazione gradita a chi fa analisi sulla tenuta dei conti.

Ma veniamo agli aspetti più direttamente riguardanti situazione politica e misure di un prossimo esecutivo.

Ha veramente vinto Conte?

La mia interpretazione, come evidenziato nell’articolo di ieri, differisce da quella di molti commentatori.

Se, infatti, l’altro ieri, Conte a molti pareva il vincitore della giornata, ieri è praticamente sparito dalla scena politica.

Nel senso che di sicuro c’è che, in caso di un governo a partecipazione pentastellata e piddina, Conte non sarà il nuovo premier.

Da parte sua, Salvini poteva far continuare il precedente governo, restituendo l’immagine di chi sta comunque in un esecutivo che non gli consente di varare i provvedimenti inizialmente concordati, in primis la flattax, e sicuramente questo gli avrebbe restituito semmai un’immagine da perdente.

Invece, ritirando la fiducia a Conte,  appare come colui che vuole mantenere gli impegni e, per altro verso,  nel caso di un nuovo esecutivo, si avvantaggerebbe delle insanabili contraddizioni di questo.

Che probabilità ha un esecutivo basato soprattutto su una alleanza tra PD e 5 stelle di vedere la luce?

A mio avviso è quasi uguale a zero, e vediamo il perché.

In effetti, le motivazioni sono molteplici, e riguardano aspetti diversi.

Dobbiamo considerare, intanto, gli aspetti antropologici, per così dire, quei rapporti umani, che sono sempre stati pessimi.

Basti pensare che sono fioccate anche querele, in relazione alle accuse da parte grillina verso il PD, di aver a che fare con i fatti di Bibiano, per non parlare di altre pesanti accuse.

Ma in politica, come si dice, mai dire mai.

Ma è anche proprio la situazione politica ad evidenziare una netta divergenza di posizioni tra le due forze politiche, su quasi tutte le principali questioni.

Intanto, i grillini hanno evidenziato di volersi avvalere di strumenti come il contratto di governo, su cui già il PD si era dichiarato nettamente contrario.

Di qui una diversa concezione, perché un conto è un contratto, ben altro strumento una alleanza che parta da condivisione di politiche e di provvedimenti.

Anche in tal senso la richiesta di netta discontinuità da parte del PD, ed in particolare di Zingaretti.

Discontinuità che però è domandata anche sulle questioni programmatiche.

Abbiamo visto come la crisi di governo si sia originata, tra i diversi elementi che l’hanno provocata, anche dalla questione della Tav, o del Tav, come taluni preferiscono dire.

Sarebbe il movimento pentastellato disponibile a rivedere la propria posizione?

E per recuperare coperture finanziarie per la prossima finanziaria, sarebbero disponibili, i grillini, a rinunciare al reddito di cittadinanza?

Per non parlare di questioni come la prescrizione penale o i decreti sicurezza.

E’ vero che Zingaretti, ha semplicemente formulato 5 punti, abbastanza generici, ma poi questi punti vanno precisati con singoli provvedimenti, di cui la maggior parte comporta sconfessare la politica prima attuata.

Difficile la formazione di un esecutivo che possa durare

E questo pone un problema di non poco conto, a Di Maio e movimento, proprio in una fase in cui i sondaggi evidenziano, in caso di ritorno alle urne, una netta sconfitta.

Certo, si potrebbe sempre tentare la via, definita da Zingaretti, del governicchio, cioè di andare verso  un nuovo esecutivo transitorio che vada avanti finchè può.

Ma ovviamente, al primo stormir di fronde, come ad esempio una rinnovata mozione sulla Tav, esprimerebbe tutte le sue contraddizioni.

Già basterebbero tutte queste considerazioni, per comprendere perché la strada è in decisa salita, chiunque Mattarella vorrà incaricare come possibile premier.

E, come dicevo, ne consegue una evidente vittoria politica per Salvini.

Conte messo fuori gioco come possibile premier, vista la richiesta di discontinuità anche nella compagine ministeriale.

Ed i 5 stelle obbligati o ad ingoiare il rospo delle sconfessioni, con evidente ulteriore calo di consensi, o ad andare al voto, già in una situazione di decisa precarietà elettorale.

Peraltro non dimentichiamo che anche solo il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia pentastellato per eccellenza, ha già dovuto essere molto ridimensionato.

Salvini, vincitore?

Nel contempo, Salvini si può invece presentare agli elettori,  come qualcuno che ha saputo o tentato di mantenere la parola data. E molti hanno di lui tale immagine, il che spiega anche l’inattesa, per certi versi, dimensione della precedente vittoria alle europee.

Ma, chiariti tutti questi punti, non posso sottrarmi ad affrontare almeno una ulteriore questione, che rende quanto meno problematica la possibilità di un esecutivo giallo rosso.

La compagine governativa.

La storia ci ha insegnato che nel PD, la componente che fa capo all’altro Matteo, Renzi, ha spesso operato, come si usa dire, in solitaria.

Anche perché è sempre sul tappeto la possibile risposta dei renziani di andarsene dal PD per dar vita ad un nuovo partito, nel caso i richiami all’unità siano troppo stringenti.

Basti considerare cosa successe al governo Letta, che pur era un premier espresso dal PD.

Divenuto segretario, Renzi ritenne che occorreva un sostanziale cambio di passo, e non ritenendo Letta all’altezza della situazione, lo sostituì con se stesso.

Anche se gli aveva rivolto la frase, ormai divenuta oggetto di memoria storica: “stai sereno…”.

Il fatto è che di Renzi, ormai, tra chi ovviamente non appartiene alla sua corrente, pochi si fidano.

E nella formazione del nuovo esecutivo, in molti temono che, in assenza di conferimenti di incarichi di rilievo ad esponenti renziani, l’esecutivo poi segua le stesse sorti di Letta.

Peccato che verso i renziani i pentastellati abbiano sempre espresso una netta acredine, a partire dalla Boschi.

I pentastellati possono ora sconfessare tali loro posizioni?

Difficile pensarlo.

E comunque di fronte a loro sta sempre il famoso bivio tra due scelte, che suonano comunque come una sconfitta.

Se fanno il governo, magari con qualche renziano, perderanno ancora più consenso.

Se si va ad elezioni, la sconfitta pare comunque sicura.

Termino questo mio articolo, per affrontare una questione, indicata dalla Bonino, ma in termini a parer mio inesatti.

Nel colloquio con i giornalisti di ieri, uscita dalle consultazioni presidenziali, ha affermato che in caso di nuove elezioni, sarebbero solo i 5 principali partiti a potersi presentare.

Non è così.

In base all’attuale legge elettorale, esiste un quorum che va superato, per poter avere rappresentanti in una delle due camere.

La Bonino intendeva quindi dire, sulla base dei sondaggi attualmente disponibili, che in caso di nuove elezioni sarebbero probabilmente solo i primi 5 partiti a poter avere seggi in parlamento.

Ma ovviamente tutti i partiti che raccolgano un sufficiente numero di firme, possono presentarsi alle elezioni.

Difficile la strada quindi che va verso un nuovo esecutivo.

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