Verso la prospettiva di un passaporto vaccinale. Rilievi critici e prospettive de jure condendo

pandemia

In questi tempi di pandemia, sempre più dura, soprattutto a fronte del diffondersi di varianti del virus originale, si sta facendo strada l’ipotesi di una misura, che alcuni considerano quale potenziale soluzione ottimale della conciliazione tra esigenze di sicurezza e diritti di libertà.

Parliamo di una sorta di passaporto vaccinale, misura ancora non vigente nell’ordinamento giuridico europeo. Alcuni però la caldeggiano, sia in ambito internazionale che statale.

Potrebbe essere la giusta soluzione?

Verso la prospettiva di un passaporto vaccinale. Rilievi critici e prospettive de jure condendo.

Il tema potrebbe ricondurre a diversi punti di dibattito e, per meglio aiutarci nelle nostre riflessioni, usiamo la seguente scaletta.

  • Un passaporto vaccinale cos’ha a che vedere con i contagi?
  • Violazione della Costituzione?
  • Rischio di ghettizzazione?
  • Rischio di confusione vaccinale?

La tesi che sta alla base dell’imposizione di un passaporto è quella che identifica il vaccino con un metodo di immunizzazione.

È quindi evidente che viene naturale, in una prospettiva che va verso un passaporto vaccinale, ritenere che un documento di questo tipo verrebbe ricondotto all’esercizio di alcune libertà fondamentali. Ad esempio quella di entrare in un esercizio commerciale o di salire su un mezzo pubblico di trasporto.

Ma come stanno realmente le cose?

Un passaporto vaccinale cos’ha a che vedere con i contagi?

Se un vaccino è effettivamente efficace contro un virus, consente di immunizzare il soggetto cui viene somministrato.

Ma questo implica solo una risposta del sistema immunitario, assente o deficitaria prima della somministrazione.

Invece non implica necessariamente che chi si è vaccinato non possa trasmettere comunque un virus a soggetti terzi.

Intanto su questo punto ancora non vi è alcuna certezza scientifica, rispetto al virus originario. Quindi anche questo tema tuttora è oggetto di studio e di dibattito.

Ma poi dobbiamo tener conto delle varianti.

Ipotizziamo che un tale meccanismo di non trasmissibilità del virus, o quanto meno di trasmissibilità in modalità non pericolosa, con poche conseguenze, possa essere correlato ad un determinato virus nella sua versione originale. Quando ci troviamo di fronte ad una variante, il funzionamento del virus potrebbe mutare completamente e diventare, quindi, anche opposto rispetto a quello del virus originario.

Non possiamo quindi affermare che un vaccino serva a rendere sicure le altre persone, presenti dove si trova un vaccinato.

È possibile, ma non è scontato. Nel passato soprattutto certe vaccinazioni hanno indotto una immunizzazione di massa.

In base alle attuali conoscenze, possiamo quindi dire che non è escluso che un vaccinato possa contagiare comunque altre persone.

Ed anche chi fosse vaccinato, non si potrebbe comunque dichiarare a sua volta immune rispetto ad eventuali varianti.

Nel nostro ordinamento sarebbe costituzionale andare verso la prospettiva di un passaporto vaccinale?

Solitamente a tale domanda si risponde positivamente, in considerazione soprattutto delle norme che tutelano la salute come diritto costituzionale.

Ma tutto si lega, e occorrerebbe, quindi, la certezza scientifica di quanto, invece, al punto precedente abbiamo visto essere tutt’altro che certo.

Quindi non vi è certezza che un documento vaccinale serva alla tutela della salute, dal momento che né garantisce una immunizzazione contro le varianti, né che un virus non sia trasmissibile anche da parte di chi vaccinato. Evidentemente, quindi, non potrebbero neppure essere invocate norme a tutela della salute stessa, in ottica di valori costituzionalmente protetti.

La questione, però, deve considerare anche altri aspetti.

In particolare, non è solo la salute l’unico diritto tutelato dalla nostra Costituzione, ma anche l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

E, sotto questo profilo, proprio un documento di questo tipo rischierebbe di produrre cittadini di serie A e di serie B, senza alcuna colpa di tale situazione in molti casi.

Infatti, si potrebbe erroneamente pensare che vaccinarsi o meno sia solo una decisione personale, legata esclusivamente a scelte individuali.

Andrebbe invece considerato che in alcuni casi sono gli enti stessi che sconsigliano il vaccino, in particolare per coloro che, in passato, abbiano manifestato forme di allergia.

E se, quindi, costoro, più che non volere, si trovano nella condizione di non poter essere vaccinati, pur contro la loro volontà, non hanno evidentemente alcuna responsabilità in merito a tale circostanza. Ad esempio per aver già in passato manifestato forme di allergia.

Nell’ordinamento italiano si verrebbe quindi a creare un’ingiustificata disparità di trattamento. Tra coloro che potrebbero ottenere il passaporto, per aver potuto sottoporsi a vaccinazione e coloro che, senza alcuna loro scelta e responsabilità, non potrebbero invece ottenerlo. Con inevitabile e conseguente violazione dell’art. 3 della Costituzione.

A meno di non considerare, erroneamente, tutti sottoponibili a vaccinazione.

Ma in tal modo non si considererebbero le indicazioni degli stessi enti che si occupano di vaccini sulle possibili controindicazioni ed avvertenze di non sottoporre alcuni soggetti a vaccinazione.

Rischio di ghettizzazione?

Anche a prescindere da considerazioni di legislazione sanitaria, con particolare riferimento alla problematica di una sua eventuale incostituzionalità, alcuni studiosi evidenziano il rischio di una sorta di ghettizzazione.

Situazione tipica di stati di polizia o dittatoriali, in stile Grande fratello di Orwell, che controlla la situazione di ognuno di noi.

Sinora è stato considerato tipico di uno Stato di diritto il comunicare certi dati solo a certi enti ed in situazioni che giustificassero tale comunicazione.

È ovvio che se una persona si rivolge ad un ospedale, necessariamente deve acconsentire all’utilizzo di suoi dati, anche di tipo sensibile.

Ma ci si domanda se consentire un tale tipo di violazione della privacy, anche solo per entrare in un esercizio commerciale, non sia un’invasione eccessiva in tale sfera. Un’invasione tale da costituire una violazione di un diritto sinora considerato connaturato con lo Stato di diritto.

Il rischio è che si realizzi una vera e propria violazione di certi diritti. Con l’ulteriore conseguenza di creare una ghettizzazione a danno di chi non possa sottoporsi a certi trattamenti sanitari.

Rischio di confusione vaccinale?

Abbiamo detto che non esiste certezza scientifica che la vaccinazione consenta una non trasmissione del virus a chi non è vaccinato.

Ma, anche qualora ciò si verificasse, vi sarebbe il rischio di una confusione vaccinale. Basata sull’identificazione tra vaccinati e soggetti non a rischio di trasmissione.

Come noto, una variante va considerata come un diverso virus con caratteristiche anche molto diverse.

E, vista l’impossibilità di conoscere a priori se e quando, dopo una vaccinazione contro talune varianti, un virus scompaia definitivamente, il rischio è anche quello di considerare privo di rischi un ambiente che sia stato frequentato solo da possessori del passaporto vaccinale.

Potrebbe anche succedere che la pandemia si trasformi, infatti, in una malattia endemica. A fronte della quale un virus, soprattutto se dotato di una certa plasticità genetica, come nel caso dimostrato proprio dal covid-19, si potrebbe ripresentare periodicamente. E per lunghi periodi di tempo in un determinato contesto territoriale.

A quel punto, il virus dovrebbe essere gestito come nel caso delle infezioni stagionali. Si sottoporrebbe la popolazione a campagne vaccinali ricorrenti, dal momento che precedenti vaccini rischierebbero di essere inefficaci contro le nuove varianti.

A quel punto inevitabilmente non avrebbe valore, in quanto tale, il possesso di un passaporto vaccinale, ma l’indicazione dell’intervenuta nuova vaccinazione.

Ed allora cosa dovremmo aspettarci?

Per salire su un autobus, forse un controllore farà fare la fila a terra, per visionare, uno ad uno, questi fatidici passaporti, per verificare se riportano un aggiornamento rispetto all’ultimo vaccino disponibile?

Oppure, prima di entrare in un negozio, ecco che un potenziale cliente spiega all’esercente, o ad un suo collaboratore, che si è sottoposto ad un altro vaccino, come riportato nel passaporto, ma che ha la stessa efficacia di quell’altro indicato dal Ministero della sanità?

Anche solo l’assurdità di siffatte situazioni, unitamente agli innumerevoli rilievi critici mossi da esperti, sia sotto il profilo giuridico che epidemiologico/sanitario, induce a riflettere attentamente su una troppo entusiastica approvazione di strumenti. Strumenti che nel momento in cui si vada verso la prospettiva di un passaporto vaccinale, potrebbero rivelarsi tutt’altro che all’altezza della complessa situazione che ancora stiamo affrontando.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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