Un’inflazione di stampo monetarista

inflazione

Si parla spesso di inflazione, al singolare.

Dando quasi per scontato che ne esista un unico tipo, riconducibile sempre alle stesse dinamiche.

La realtà di questo fenomeno è, invece, più articolata e composita, e si dovrebbe parlare di inflazioni, al plurale, in quanto fenomeno che, pur legato in generale al rialzo dei prezzi, presenta cause diverse.

Esistono quindi inflazioni di tipo diverso.

Ad esempio, un incremento del prezzo di un determinato bene, o servizio, potrebbe dipendere da una particolare domanda di mercato, cui non corrisponde una sufficiente offerta.

Il gap tra domanda ed offerta si scarica, quindi, su un incremento di prezzo.

Ma l’inflazione che sta interessando maggiormente il mondo occidentale, e che  preoccupa mercati ed analisti, è di tipo in gran parte diverso.

Un’inflazione di stampo monetarista

In questa fase economica, soprattutto alla luce di possibili previsioni di fine o quanto meno netto ridimensionamento della pandemia, si stanno certamente riaffacciando dinamiche, volte a sostenere la domanda di mercato di beni e servizi.

Ne consegue che una certa dinamica inflattiva, conseguente a tale domanda, risulti ovvia.

Nonostante tale fenomeno, una certa componente dell’inflazione riconduce ad un altro tipo di dinamica, esemplarmente spiegata dalla scuola monetarista di Milton Friedman.

Secondo tale scuola di pensiero economica, parte essenziale del fenomeno inflattivo dipende dal rapporto che si determina tra crescita della base monetaria. Conseguente ad esempio a manovre espansive da parte delle banche centrali, e crescita economica.

Il valore della moneta

Venuto meno, infatti, un sistema di convertibilità della moneta in oro, o altro metallo prezioso, il valore della moneta viene determinato dal valore di un’economia, espresso come totale di beni e servizi, sostanzialmente il PIL, diviso la base monetaria.

Ne consegue che un incremento di valore del PIL maggiore della crescita monetaria, comporta un maggior valore della moneta, quale quota rappresentativa di quella maggior ricchezza, e viceversa.

Come noto, le banche centrali ed i governi di diversi Paesi, a partire dagli USA, hanno implementato una cospicua serie di manovre espansive. Manovre volte ad incrementare la base monetaria, in ottica di quantitative easing.

In Europa analoghe manovre sono state gestite dalla BCE.

Evidentemente, però, la crisi economica, legata alla pandemia, ha comportato una riduzione della base produttiva ed economica, ed il mix di manovre espansive e crisi economica si è reso in gran parte responsabile dell’attuale dinamica inflattiva.

Proiezioni della FED

Non è un caso che la FED preveda invece, per il 2022, un rallentamento delle dinamiche inflattive.

Il prossimo anno, infatti, la crisi legata alla pandemia dovrebbe essere ormai in gran parte superata.

Ne consegue un probabile superamento delle restrizioni inerenti alla base economica e produttiva statunitense. Peraltro a fronte di un contenimento o quanto meno di un mancato incremento, nella stessa misura, di determinate manovre espansive della base monetaria.

Ne consegue che la velocità di espansione della base monetaria dovrebbe arretrare. Potrebbe anche solo stabilizzarsi, a fronte, invece, di una incrementata velocità di espansione delle base economica.

Certo, in parte tale fenomeno sarà a sua volta mitigato da dinamiche inflattive. Dinamiche principalmente legate ad un incremento della domanda di mercato di beni e servizi, in fase di ripresa. Nel complesso, però, tali fattori fanno ritenere alla FED che la dinamica inflattiva dovrebbe subire un ridimensionamento.

Abbiamo quindi spiegato, in questo articolo, a proposito di inflazione di stampo monetarista, alcune dinamiche di un fenomeno in ripresa, che sta preoccupando diversi analisti ed investitori.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

Consigliati per te