Un’economia che affronta una situazione di stagnazione secolare si comporta come se stesse operando al di sotto delle sue capacità

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La “stagnazione secolare”, in macroeconomia, è un ipotesi di lavoro avanzata da alcuni economisti keynesiani per definire una situazione economica caratterizzata da una cronica carenza di domanda rispetto all’offerta. Essendo quest’eccesso di offerta una condizione di lungo periodo, l’equilibrio di sottoccupazione proposto da J.M. Keynes nei suoi scritti diventa strutturale. Questa situazione, tra le altre conseguenze che produce, ha quella di mantenere bassa l’inflazione di lungo periodo, cosicché i tassi d’interesse decisi dalla Banca centrale possono rimanere anch’essi a livelli bassi, addirittura vicini allo zero, in situazioni particolari. In un ambiente economico caratterizzato da stagnazione secolare, secondo i propugnatori di questa idea, che vanno da Alvin Hansen negli anni ’30 a Larry Summers nel nuovo millennio, esiste un grosso incentivo per i policy-maker ad adottare politiche di bilancio espansive – rectius “keynesiane” – nell’intento di eliminare l’equilibrio di sottoccupazione.

Cerchiamo quindi di capire meglio come si caratterizza un ambiente economico di stagnazione secolare. Solitamente, un’economia in fase di espansione, caratterizzata da bassa disoccupazione e alta crescita del PIL (cioè, un’economia al massimo delle sue capacità) genera inflazione nei salari e nei prezzi dei prodotti e dei servizi. Tuttavia, un’economia che affronta una situazione di stagnazione secolare si comporta come se stesse operando al di sotto delle sue capacità, anche quando l’economia è in piena fase espansiva; l’inflazione, quindi, non aumenta.

In un’economia tradizionale, quando i risparmi delle famiglie e delle imprese superano gli investimenti, i tassi d’interesse scendono. Tassi d’interesse più bassi stimolano la spesa e gli investimenti, e questi riportano risparmi e investimenti in equilibrio. Tuttavia, un’economia che affronta la stagnazione secolare può necessitare di un tasso di interesse inferiore allo zero per portare risparmi e investimenti in equilibrio.

L’eccedenza dei risparmi sugli investimenti può così generare un apprezzamento dei prezzi delle attività finanziarie o immobiliari.

Tra le altre conseguenze positive che i propugnatori della teoria della stagnazione secolare, in primis Larry Summers, Olivier Blanchard e i loro discepoli, prevedono vi è quella della possibilità, per i politici, di aumentare il deficit pubblico senza che questo aumento di spesa provochi un aumento del debito, il quale, grazie al fatto che i tassi d’interesse risultano inferiori al tasso di crescita dell’economia, diventa più sostenibile. Quindi, in un ambiente caratterizzato da stagnazione secolare, le politiche di austerity non sono giustificabili, e con esse le rigide norme, come quelle scritte nel Patto di Stabilità e Crescita europeo, a salvaguardia dei conti pubblici.

Un’economia che affronta una situazione di stagnazione secolare si comporta come se stesse operando al di sotto delle sue capacità

Se fino a pochi anni fa la teoria della stagnazione secolare sembra aver convinto, l’esplosione della crisi pandemica ha rimesso fortemente in discussione questa ipotesi. Il crollo del PIL registrato a livello globale, l’innalzamento dei livelli di disoccupazione e l’aumento di incertezza attorno al ciclo economico hanno indebolito la validità dell’ipotesi di stagnazione permanente. Di più. Il comportamento che la domanda e l’offerta hanno mostrato nella fase di uscita dalla crisi hanno fornito evidenza empirica sul come non sia vero che nei mercati esista un eccesso permanente di offerta.

Al contrario, la stessa evidenza empirica ha dimostrato come sia l’offerta, in realtà, ad essere inferiore alla domanda. Ne abbiamo avuto una prova con la carenza di approvvigionamenti in molti mercati, ad esempio quello dell’automotive o dell’informatica, con colli di bottiglia che si sono formati nei vari stadi delle filiere produttive e con molte industrie che hanno dovuto cessare la produzione, non per mancanza di domanda, ma per la difficoltà nel ricevere le materie prime.

Quella attuale è, quindi, una situazione di carenza di offerta rispetto alla domanda, una situazione diametralmente opposta a quella della stagnazione secolare. Soltanto il tempo dirà se questo eccesso di offerta sarà un fenomeno temporaneo o potrà diventare “secolare”. Certamente, le rivoluzioni green e digitale richiederanno un uso esagerato di alcuni tipi di commodities (bastino le terre rare come esempio valido per tutti), che probabilmente non basteranno per soddisfare tutta la richiesta.

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