Una crisi energetica all’orizzonte susseguente al crollo dei prezzi del petrolio?

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Una crisi energetica all’orizzonte susseguente al crollo dei prezzi del petrolio?

Partiamo dai dati positivi, cercando di vederla non così male. Il calo del prezzo del petrolio ci fa risparmiare soldi e denaro, come risparmiatori e come cittadini. E lo fa in un modo molto semplice: la benzina costa meno, così come il diesel (anche se di poco, purtroppo. Le tasse in Italia pesano troppo…). Ma non solo. Costa meno anche qualsiasi derivato del petrolio, come ogni tipo di carburante utilizzato per far funzionare i riscaldamenti delle case o per far funzionare le fabbriche. Ecco, le fabbriche… i problemi cominciano qui. E perché? Perché le fabbriche sono quasi completamente chiuse, complice la crisi generata dal diffondersi del coronavirus. Il susseguente, inevitabile lockdown è stato necessario per non far diffondere il virus.

Ma se le fabbriche sono chiuse, non producono. E non solo. Se le fabbriche sono chiuse, non consumano energia, che a sua volta viene prodotta in quantità eccessiva, e non utilizzata. E un prezzo troppo basso dell’oro nero mette in crisi la filiera petrolifera, che potrebbe avere grosse difficoltà a ripartire a crisi finita. Ecco il perché di una probabile crisi energetica.

Una crisi energetica all’orizzonte susseguente al crollo dei prezzi del petrolio?

Specifichiamolo ancor meglio. Il rischio è che ad una fase di petrolio a basso costo (questa), ma senza grandi sbocchi visto che buona parte del sistema di produzione è fermo, ne segua un’altra. Una fase nella quale, smaltite le scorte, si verifichino difficoltà di approvvigionamento. Perché? Perché molte delle società che estraggono greggio potrebbero finire in bancarotta (sta già succedendo), e alcuni giacimenti venire danneggiati da una probabile cattiva manutenzione (vedi più avanti). Una situazione nella quale il prezzo dei carburanti salirebbe alle stelle.

Ma perché il prezzo del petrolio è crollato? Colpa della crisi tra Russia ed Arabia Saudita, due dei principali paesi estrattori di questa materia prima. Il mancato accordo sui tagli alla produzione al recente meeting OPEC+ è stato la causa. Purtroppo, l’accordo era necessario. Lo era per mantenere il prezzo ad un livello che garantisse la remuneratività all’industria estrattiva. La sua mancanza ha innescato un aumento della disponibilità di petrolio e il conseguente drastico calo delle quotazioni. Aggiungiamoci, come dicevamo, la serrata dovuta alla crisi innescata dal Coronavirus, e la frittata per l’industria ed i trasporti è stata fatta. Gli spostamenti aerei sono stati ridotti del 92%. Le crociere sono ferme in tutto il mondo. Le auto sono usate col lumicino. Chi consuma? Nessuno, praticamente.

A quanto è il valore oggi?

Il WTI americano a 20 dollari, il Brent del Mare del Nord a 24. Quotazioni che non si vedevano dal 2002. Una crisi energetica all’orizzonte susseguente al crollo dei prezzi del petrolio?

A queste condizioni, alcune compagnie hanno iniziato a fermare le estrazioni, soprattutto quelle americane che estraggono e raffinano lo shale oil, il petrolio di scisto. Che ha costi di produzioni più alti rispetto al petrolio saudita e a quello russo. NB. E’ proprio per mettere fuori gioco i produttori USA che Russia e Arabia Saudita volevano tagliare la produzione.

Lo stop ad estrazione e raffinazione non sta avvenendo solo negli States. Sta accadendo ovunque costi produrre di più che in Russia ed in Arabia Saudita (lì un barile di petrolio costa mediamente 6-8 dollari ad estrarlo). C’è troppo petrolio nei magazzini, ed anche offshore (qualcuno sta tenendo le petroliere all’ancora, perché nei depositi non c’è spazio). Quindi si chiudono i pozzi. Ma questi non sono semplici rubinetti: devono essere preparati in maniera consona, per poi riaprili. Chiusure improvvise ed improvvisate potrebbero persino danneggiarli (anzi, sicuramente).

Il problema sarà quindi dopo la fine della crisi. Passata l’emergenza della pandemia, si troverà un accordo tra i produttori (Putin sta parlando con Trump, che fa da mediatore per i sauditi). Il petrolio disponibile, però, per quanto tanto, troppo adesso, potrebbe non essere sufficiente e quindi troppo caro per alimentare la ripresa che tutti desiderano. Una crisi energetica da improvviso esaurimento di scorte, e mancato approvvigionamento causa troppi pozzi chiusi che devono essere riaperti sarebbe la cosa peggiore. Porterebbe, infatti, il costo dei carburanti a livelli insostenibili per molti automobilisti. E non solo loro.

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