Un risultato straordinario che, soltanto fino a pochi giorni prima, sembrava però impossibile per l’Unione Europea

Merkel

Fortunatamente per l’Unione Europea e per gli europei, il tanto atteso accordo sul Next Generation UE Fund. Si tratta del maxi piano di intervento finanziario messo in campo dall’Unione, raggiunto tra i capi di Stato e di Governo nel Consiglio Europeo del 10-11 dicembre. Un risultato straordinario che, soltanto fino a pochi giorni prima, sembrava però impossibile. La causa? Il veto posto sul bilancio comunitario e sulla riforma del sistema delle risorse proprie comunitarie da parte di Ungheria e Polonia. Queste ultime non erano d’accordo sulle condizioni alle quali è subordinata la concessione dei fondi, ovvero al rispetto delle norme sullo Stato di diritto.

I due paesi dell’Est, tra i più nazionalisti dell’Unione, avevano dichiarato infatti di non volersi sottomettere ai “ricatti” degli altri leader europei. Per questo motivo non erano disposti a dare il via libera al bilancio.

Nelle ultime ore, però, il loro atteggiamento è cambiato. Fino al venir meno del veto e al raggiungimento dell’accordo, fortemente voluto dalla presidenza di turno del semestre europeo, la Germania della cancelliera Angela Merkel.

Che i due Paesi potessero “bluffare” nelle trattative era qualcosa già messa in conto dagli investitori internazionali. Infatti entrambi i Paesi sono tra i maggiori percettori dei fondi europei, sia di quelli strutturali già a bilancio comunitario, sia proprio quelli nel NGUE Fund. Che poi la cancelliera Merkel avesse su questi due Paesi un forte potere di ricatto economico e finanziario, considerando la presenza sul suolo ungherese delle principali multinazionali tedesche, è anche’essa cosa nota.

Un risultato straordinario che, soltanto fino a pochi giorni prima, sembrava però impossibile

Ma c’è un’altro potere di minaccia che l’establishment europeo ha avuto a disposizione nel piegare le strenue resistenze di Budapest e Varsavia. Molto meno evidente ma non meno incisivo degli altri due: quello della moneta. Interessante è notare, infatti, come nelle ultime settimane, il fiorino ungherese sia sceso ai minimi storici nei confronti dell’euro e lo zloty polacco ai minimi multiannuali, sempre nei confronti della moneta unica. Come non può essere considerata una coincidenza il rimbalzo del fiorino subito dopo il raggiungimento dell’accordo. Nessuno potrà mai avere la certezza che nelle negoziazioni i leader europei non abbiano utilizzato anche l’arma della guerra valutaria contro i due leader nazionalisti dell’est europeo.

Di certo, qualcuno avrà però ricordato del rischio di un aumento dei loro debiti, esacerbato da un possibile crollo valutario e da un deflusso di capitali, con effetti a cascata sull’economia reale, Pil e occupazione. Un tracollo che si sarebbe aggiunto alle già gravi difficoltà create dalla crisi pandemica. Il “vicino ingombrante” dell’Eurozona ha quindi creato un forte effetto deterrente sulle resistenze dei due Paesi. Se l’accordo del Recovery Fund sia servito a invertire il trend ribassista di fiorino e zloty è però una cosa ancora tutta da verificare.

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