Un mare di soldi su Alitalia, 3 miliardi per il rilancio della compagnia di bandiera

Alitalia

Dal Decreto Rilancio arriva un mare di soldi su Alitalia, 3 miliardi per il rilancio della compagnia di bandiera, sull’orlo del fallimento. Questa crisi per il vettore nazionale è una manna e 3 miliardi sono una cifra ragguardevole. Vediamo come saranno impiegati per il progetto di rilancio della compagnia

Un mare di soldi su Alitalia, 3 miliardi per il rilancio della compagnia di bandiera

Alzi la mano chi non si ricorda un tentativo di salvataggio di Alitalia. La nostra compagnia di bandiera è in crisi almeno da 20 anni. Di soldi per il suo rilancio ne sono stati stanziati molti. Secondo uno studio di Mediobanca, i capitali che lo Stato ha messo nella compagnia fino adesso sono stati pari a 8,7 miliardi. E adesso ne verranno messi altri 3 (come da articolo 206 della bozza del Decreto Rilancio). Corrispondono al 35% del denaro iniettato nell’azienda in 20 anni. In proporzione ai 55 miliardi totali della manovra, sono circa il 5,5% circa. Quindi il 5,5% dell’intero ammontare di una manovra eccezionale viene dedicato al rilancio di una sola azienda.

Ma come verranno impiegati i 3 miliardi? Qual è la strategia che farà decollare, è il caso di dirlo, nuovamente Alitalia e la renderà profittevole?

La strategia che farà decollare la società

Per Alitalia a giugno si aprirà la nuova fase della quasi nazionalizzazione. Ovvero una forte presenza nel capitale dello Stato, il cui obiettivo è riportare a regime la compagnia. Come? La strategia è stata individuata da un pool di consulenti: advisor industriali, finanziari e legali, la cui parcella è stata di 300 milioni.  Questa si baserà sul ridimensionamento del numero degli aerei e dei voli.  Infatti la nuova società Alitalia sarà composta da due rami di azienda: Alitalia Sai e Alitalia Cityliner, compagnia per tratte brevi.  Potrà contare su 92 velivoli rispetto ai 113 attuali. Venti aerei saranno impiegati per voli di lungo raggio, 60 per voli di medio raggio e 12 per voli brevi.

Questo è quanto stato riportato in una audizione alla Camera dal direttore generale Giancarlo Zeni e dal commissario Giuseppe Leogrande

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