Un iter travagliato quello per conseguire le specializzazioni forensi e per avere poi un titolo che ad oggi è senza una tutela legale

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L’iter delle specializzazioni forensi risulta essere oggi giorno assai tortuoso. Questo perché il decreto n. 144 del 2015 che lo disciplina è stato reiteratamente bocciato, prima dal TAR Lazio e poi dal Consiglio di Stato.

La bocciatura riguarda due disposizioni in particolare:

a) quella relativa alla suddivisione dei settori di specializzazione;

b) quella relativa alla disciplina dei colloqui, per verificare la sussistenza delle competenze necessarie per conseguire la specializzazione.

Andiamo a vedere le critiche mosse dal Consiglio di Stato al decreto 144/2015

Unanime il pensiero che trattasi di un iter travagliato quello per conseguire le specializzazioni forensi e per avere poi un titolo che ad oggi è senza una tutela legale

Secondo il Consiglio di Stato, va sicuramente condivisa la tripartizione delle specializzazioni in tre macroaree: civile, penale ed amministrativo.

Ciò che non stato accettato subito, è la suddivisione del diritto civile in molteplici aree specialistiche, escludendo le altre due macroaree (ossia penale ed amministrativo).

Parimenti tacciata di irragionevolezza, la regolamentazione del colloquio di verifica cui il candidato deve essere sottoposto per conseguire la specializzazione.

Il Consiglio di Stato ha condiviso l’attribuzione, in via esclusiva, al Consiglio Nazionale Forense, di verificare la sussistenza dei requisiti.

Non ha invece potuto fare a meno di criticare la mancanza di qualsivoglia indicazione, dei criteri di svolgimento e di valutazione del colloquio.

La critica è stata estesa anche alla mancata indicazione dei requisiti che dovrebbero avere i membri della commissione giudicante.

Un iter travagliato quello per conseguire le specializzazioni forensi e per avere poi un titolo che ad oggi è senza una tutela legale

Quindi, è proprio il caso di dire che è un iter travagliato quello per conseguire le specializzazioni forensi.

Infatti, dopo le critiche mosse dal Consiglio di Stato, si è giunti ad un nuovo testo del decreto ministeriale 144/2015.

Ma poco è cambiato! L’iter continua ad essere travagliato anche se con qualche punto fermo.

In primis, si stabilisce che l’acquisizione della specializzazione in uno dei tre indirizzi (civile, penale e amministrativo) è possibile mediante la frequenza ai corsi appositamente predisposti. Ovvero mediante dimostrazione di comprovata esperienza dello specifico settore.

Quanto invece al colloquio da sostenere per ottenere la specializzazione, vediamo cosa è cambiato.

All’inizio doveva essere un “colloquio sulle materie comprese nel settore di specializzazione”. Ora invece si parla di “colloquio per l’esposizione e la discussione dei titoli presentati e della documentazione prodotta”.

Se pur ancora fortemente ambigua, la riformulata espressione configura il colloquio non come un vero e proprio esame.

Possiamo quindi dire che il colloquio è finalizzato ad accertare l’adeguatezza dell’esperienza maturata nel corso dell’attività professionale. Tuttavia, la Commissione, nell’accertare la sussistenza dei requisiti per l’ottenimento del titolo, valuta la congruenza dei titoli presentati e degli incarichi documentati con il settore.

Quali sono le ulteriori modifiche apportate?

Ulteriori modifiche apportate al decreto del 2015 dal Ministero si riferiscono ai requisiti ed ai criteri per il mantenimento del titolo. Ad esempio, prevedendo la riduzione del numero minimo dei casi per l’ottenimento e per il mantenimento del titolo da 15 a 10. Ed ancora prediligendo un criterio qualitativo, in luogo di un criterio rigidamente quantitativo. Quindi sarà da prendersi in considerazione non solo il numero quanto piuttosto il numero e l’importanza dei casi seguiti.

Ci si chiede quindi se ha senso dare questa “patente” da specialista.

Restano forti le perplessità sui meccanismi di accertamento della sussistenza dei requisiti necessari per ottenere il titolo. E questo a causa dell’assenza di indicazioni chiare circa la verifica attribuita al CNF.

Specializzazione, un titolo che ad oggi è senza una tutela legale

Oltre ad essere tortuoso l’iter per ottenere la specializzazione forense, vi è ancora un altro problema da non trascurare, di non poco conto.

Ossia l’abrogazione della disciplina che esplicitamente attribuiva rilevanza disciplinare al comportamento del professionista che millanta il titolo di specialistica.

Potrebbe quindi accadere oggi giorno che la spesa del titolo di specialista mai conseguito da parte di un avvocato, sia totalmente irrilevante da un punto di vista deontologico.

Detta abrogazione lascia perplessi rispetto all’idea dell’istituzione di un titolo avulso da ogni forma di tutela. Segno di una miscredenza, da parte del Ministero, nei confronti del meccanismo di specializzazione.

Ciò porta a dubitare della reale utilità (nel senso di idoneità a rappresentare le effettive capacità dei singoli avvocati) del titolo di specialista.

Al di là di quello che potrà essere il futuro prossimo della professione, ci si deve chiedere quindi se, nella realtà attuale, abbia senso dare una “patente” di specialista. E la risposta, probabilmente, è negativa.

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